Raccolta indumenti usati «No al bando pubblico»
delle associazioni di pubblica utilità» commenta Martin Telser, presidente della Federazione per il Sociale e la Sanità.
«Tante organizzazioni non profit si vedono costrette a passare nelle mani di ditte commerciali quelle attività che in molti casi esse stesse hanno avviato e sviluppato con molto impegno, spesso anche grazie a tanti volontari. I danni a lungo termine sono gravi. È come giocare a domino. Quando cade una tessera, cadono anche tutte le altre» osserva Telser.
«Quando le associazioni non profit perdono la gestione dei servizi — spiega — perdono anche dei ricavi che possono reinvestire nei loro progetti o in altri servizi sociali. Questa sorta di finanziamento laterale aiuta le organizzazioni a offrire dei servizi utili, e senza di esso non potrebbero sopravvivere perché i contributi pubblici e le offerte private non bastano a coprirne i costi. Nel caso specifico, i ricavi della raccolta degli indumenti usati finanziano anche dei servizi come la Consulenza debitori, il Servizio Hospice o la Borsa del volontariato. Sono inoltre in gioco anche dei posti di lavoro per categorie sociali protette. La raccolta degli indumenti usati è collegata a dei progetti di inserimento lavorativo di persone disabili o persone che altrimenti, sul libero mercato del lavoro, avrebbero problemi a trovare un’occupazione. Aumenteranno anche i costi per la mano pubblica — conclude Telser — Ci dobbiamo chiedere, se vogliamo veramente un sistema che si orienta al piccolo profitto monetario a medio termine e che non tiene conto degli effetti collaterali per il sociale e per la comunità».