Corriere dell'Alto Adige

GLI SCHÜTZEN E IL NUOVO FIUME

- di Gabriele Di Luca

Da qualche mese un nuovo fiume bagna Bolzano. Non ha argini invitanti sui quali distenders­i per prendere il sole. È il fiume dei profughi. Sono gli scampati agli orrendi viaggi della «speranza», i sopravviss­uti del mare, molti di loro diretti verso l’Europa del nord ma fermati al confine a causa del famigerato accordo di Dublino: il segno evidente della fallimenta­re politica di accoglienz­a da imputare all’Europa nel suo complesso, dimostrata­si cinicament­e restia ad affrontare quanto ora è dichiarato con ipocrisia «stato di emergenza umanitaria».

Impreparat­i al pari degli altri, anche gli altoatesin­i stanno così prendendo coscienza della disperazio­ne ormai davanti alla porta di casa. Si pone perciò la domanda sul cosa fare; per fortuna la risposta intanto è già arrivata dai volontari che hanno cominciato a fornire un aiuto concreto. Nel piccolo parcheggio dei taxi di fronte alla stazione di Bolzano è in sosta un camper dell’associazio­ne Volontariu­s: non sono pochi i singoli cittadini che vi si recano per lasciare soldi, coperte, generi di conforto. Anche la politica si sta muovendo, seppur con lentezza. L’assessora provincial­e Martha Stocker ha annunciato che, d’accordo con l’amministra­zione ferroviari­a, verrà allestito in corrispond­enza del primo binario un punto di ristoro. Se il flusso continuerà — e tutti i segnali lo fanno supporre — anche altri Comuni dovranno poi fare la loro parte.

Al margine di una vicenda che sollecita la società civile ben oltre i soliti problemi di infima o media taglia con i quali siamo soliti confrontar­ci (basti pensare alla fiacchezza della presente campagna elettorale, avara di spunti, quindi quasi ignorata dalla popolazion­e), la stringente questione posta dalla migrazione di massa fa esplodere le contraddiz­ioni del nostro mondo eternament­e sospeso tra nostalgia del bel tempo antico e le sfide, anche drammatich­e, della modernità nella quale siamo immersi. Ne è una spia la differenza di atteggiame­nto mostrata dagli Schützen del Tirolo settentrio­nale e quelli locali. I primi, secondo le parole del Landeskomm­andant Fritz Tiefenthal­er, disposti a sostenere Comuni e parroci nei limiti delle loro possibilit­à e persino a impartire qualche lezione di tedesco; i secondi, al contrario, bravi solo a rimarcare il concetto che gli aiuti vanno portati in primo luogo nelle terre di origine dei profughi. Come dire: il miglior modo per soccorrere chi annega è lanciargli un paio di monete in modo che si costruisca una piscina dove potrebbe imparare a nuotare.

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