«Jobs act? Vera rivoluzione, un successo»
Il ministro sulla riforma del lavoro: i giovani non devono essere delusi
TRENTO Quella disegnata ieri dal ministro del Lavoro Giuliano Poletti è un’Italia che tenta di «cambiare radicalmente l’impianto», adeguandosi ai nuovi mercati. È un’Italia che non pensa più all’impresa «come un male necessario», dove «Mario l’imbianchino deve smettere di pensare, anche se ha 57 anni, che la sua vita finisce con l’apecar» ma immaginare un futuro più digitale nel quale viene accompagnato dai «tremila “evangelizzatori digitali”» che il governo sta formando con Google e Unioncamere. Un Paese che non pretende «che i dipendenti dell’Agenzia del lavoro, immaginate come anagrafi dei disoccupati, riescano a fare politiche attive».
Durante l’incontro che l’ha visto protagonista accanto al vicepresidente della Provincia Alessandro Olivi e al presidente dell’Euricse Carlo Borzaga nell’ambito di «Allora crealo!», il ministro si è anche permesso uno «sfogo»: «Fino a tre mesi fa la precarietà era un dramma nazionale — dice — Adesso, a fronte di 150.000 contratti trasformati, c’è chi dice che sia poca roba. La mia risposta è: se tu fossi uno di quei 150.000 che ogni tre mesi si vedevano rinnovato o no il contratto a tempo determinato, sapresti che differenza fa». E allora «i giovani non dovrebbero essere delusi dal Jobs act», che di fatto si sta dimostrando «una vera rivoluzione, un cambiamento radicale», perché sta contribuendo a modificare la «logica del lavoro precario» che ha fatto diventare l’Italia «un Paese che si stupisce delle cose più ragionevoli». Come ad esempio «la logica del lavoro precario»: «Abbiamo creato una tipologia di contratto che non obbliga l’impresa e che costa di meno, e ci siamo meravigliati che l’85% degli avviamenti fosse precario — prosegue — Ma c’è da meravigliarsi che il 15% abbia assunto a tempo indeterminato». Un «cambio di mentalità» che non consenta più di pensare che «se faccio qualcosa che va bene alle imprese allora ho fatto del male al lavoro». Con il Jobs act, quindi, «il governo sta combattendo la precarietà», e Poletti è sicuro che «il tempo ci darà ragione».
Il ministro ribadisce la necessità di una riforma del pensiero che spinga a lavorare «per promuovere nuove opportunità e combattere le rendite», accompagnata da «nuove politiche difensive». «Oggi chi perde il lavoro si vede assegnato un sussidio — spiega — E in base alle norme, se lo trova perde il sostegno economico. Così non cercherà mai un lavoro, oppure lo farà in nero».