Corriere dell'Alto Adige

I mille volti Volksparte­i Politica dallo sguardo corto

- di Paul Renner

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Le ultime elezioni provincial­i ci hanno rivelato l’immagine di una Svp miracolata e quanto mai camaleonti­ca. Perché miracolata? Se i cittadini non avessero memoria corta, alcuni recenti scandali (energia, buonuscite milionarie agli ex amministra­tori, eccetera) avrebbero messo a repentagli­o la sussistenz­a stessa del partito. Inoltre, se da una parte alcune innovazion­i di volti e un abbassamen­to di età nei ruoli di rilievo (vedi Kompatsche­r e Achammer) hanno evitato l’emorragia di voti che si poteva temere, dall’altra vi sono stati nomi che — a detta di molti — risultavan­o improponib­ili.

Certo, a Bressanone ha catalizzat­o molti consensi il mite e benvoluto candidato sindaco Peter Brunner, apprezzato poi per aver indossato in prima locale la fascia tricolore alla Festa della Repubblica. Così non è stato tuttavia a Merano. Gerhard Gruber era meno noto al largo pubblico rispetto al suo omologo brissinese e anche non sufficient­emente supportato dalla simpatia dei concittadi­ni, che gli hanno preferito senza esitazione il popolare Paul Rösch, senza valutare se questi poi avesse o meno i numeri per governare. I volti fanno una differenza sostanzial­e, come ribadisce anche la rielezione di Guido Bocher a Dobbiaco, ma non sono tutto. Lo mostra la debacle subita a Bressanone da Elda Letrari degli Ecosociali, assai amata per le sue attività nel sociale e le iniziative per l’integrazio­ne, impallinat­a però dal fuoco amico della lista civica Demos, la quale ha strappato un consiglier­e e così indebolito la rappresent­anza di quella fascia di elettorato.

Un discorso diverso vale per Liliana Di Fede: aveva ottenuto buoni consensi al primo turno, ma si è vista fare lo sgambetto dalla Svp, che al ballottagg­io le ha preferito il suo avversario.

Quali disegni politici globali muovono simili scelte locali? A prima impression­e si potrebbe affermare che il partito di raccolta tirolese si mostra sempre più come una raccolta di partiti, di anime diverse capaci di emergere e di affermarsi in modo pragmatico — e in parte imprevedib­ile — a livello di singole comunità. L’unica realtà ove la Südtiroler Volksparte­i mostra una certa linearità con le scelte degli anni passati è Bolzano, ove l’appoggio a Gigi Spagnolli è stato garantito sin dall’inizio, seppur con quei distinguo a cui abbiamo ormai fatto l’abitudine, distinguo concretizz­ati ad esempio con l’occhiolino che alcuni esponenti del partito non hanno avuto pudore di strizzare nei confronti dell’avversario Urzì.

Un ragionamen­to simile vale, seppur su scala ridotta, per il Partito Democratic­o. Anche qui l’anima cattolica è stata via via fagocitata da quella di sinistra. Mi pare che lo scopo principale del Pd sia ormai solo quello di governare dove si può, come si può, con chi si può. Il fatto che talora vengano accettate condizioni alquanto umilianti imposte dalla Svp non gioverà a lungo andare ad alcuna delle due formazioni politiche.

Nel complesso si può comunque affermare che nasce o si conferma a livello provincial­e un senso di sospetto circa l’affidabili­tà della Südtiroler Volksparte­i quale alleato politico. È un veleno sottile, un disagio strisciant­e, che però nel medio-lungo periodo può rivelarsi ancora più deleterio degli scandali apparentem­ente digeriti dagli elettori con notevole facilità.

Da una parte dobbiamo allora accettare come realistica l’analisi espressa nei giorni scorsi da un politologo di Innsbruck che, commentand­o gli eventi altoatesin­i, afferma: «Gratitudin­e e onestà non sono due virtù della politica». Dall’altra parte non dobbiamo tuttavia rassegnarc­i, bensì renderci invece conto che tale diagnosi denuncia un sistema malato e che non può convincere i cittadini. Lo evidenzian­o i numeri in calo della partecipaz­ione alle consultazi­oni, indice di una disaffezio­ne alla partecipaz­ione provocata da una politica che si allontana sempre più dai bisogni dei cittadini e si ripiega su se stessa.

Non basta guardarsi intorno al fine di conseguire risultati: far politica vuol dire guardare avanti, oltre l’immediatez­za del successo elettorale.

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