Bankitalia: locomotiva Sudtirolo
Il rapporto: le imprese altoatesine più dinamiche e internazionali di quelle trentine
A livello economico Trento arranca mentre Bolzano corre. A certificarlo, il rapporto 2015 sulle economie regionali stilato dalla Banca d’Italia. Per le imprese altoatesine +2,7% di occupati e più 3,1% nelle esportazioni
TRENTO La morale è: guarda e impara. Dall’Alto Adige. Già, l’erba del vicino è più verde. A certificarlo, il rapporto 2015 sulle economie regionali stilato dalla Banca d’Italia, documento dal quale si apprende che no, tra Trentino e Alto Adige non c’è gara. Non dopo la crisi, almeno, che con la sua furia non ha fatto altro che acuire un divario di performance già in passato abbastanza evidente. Così, nonostante nel corso del 2014 l’attività economica sia stata stagnante per entrambe le province con un Pil pari a quello dell’anno precedente (a fronte però di un calo dello 0,4% a livello nazionale, dati Istat), la differenza tra i due territori c’è e si vede.
Il Trentino arranca, mentre Bolzano corre inseguendo la Germania (ma non solo). Le sue imprese, più dinamiche e internazionali, trainano l’intera società che gentilmente ringrazia e risponde riversando il proprio ottimismo nei consumi, specie di natura durevole. Tra il 2007 e il 2013, in particolare, mentre le aziende trentine hanno registrato una diminuzione degli addetti e una immobilità delle vendite, le competitor altoatesine hanno visto crescere entrambe le dimensioni, raggiungendo il +2,7% di occupati nelle realtà con meno di 50 addetti e performance ancora migliori nelle aziende mediograndi.
Il tutto, con una particolare attenzione all’estero: nel 2014, infatti, il valore delle esportazioni in provincia di Bolzano è cresciuto del 3,1%, mentre Trento si è fermata a livelli simili a quelli del 2013, con un più limitato 1%. Eppure, negli ultimi sette anni, la domanda estera ha svolto un ruolo importantissimo per entrambe le province: secondo le indagini Prometeia, il contributo delle vendite estere all’espansione del Pil è stato pari a 1,7 punti percentuali, contenendo quasi la flessione complessiva del prodotto estera, dimostrandosi più propense a esportare e più radicate nelle catene internazionali del valore.
«Non è un caso che le imprese committenti con fornitori esteri siano appena un quinto in Trentino e oltre il 40% in Alto Adige e che il livello di internazionalizzazione di queste aziende sia nettamente superiore anche rispetto a molti altri Stati dell’Unione Europea» ha rilevato Paolo Ciucci, direttore della filiale di Trento della Banca d’Italia, riconoscendo nella «peculiare frammentazione del tessuto imprenditoriale locale» una delle ragioni dell’amaro gap.
«Dopotutto — ha ammesso Paolo Nicoletti, direttore generale della Provincia — è questo l’impegno che la Provincia richiede a gran voce alle aziende del territorio. Sappiamo che siamo carenti su alcuni aspetti e stiamo lavorando a livello politico e amministrativo per migliorarci. Ma in primis gli imprenditori trentini devono imparare a fare rete, a lavorare per creare sistema, altrimenti, sarà impossibile riuscire a collocarsi adeguatamente sui mercati stranieri». «Da parte nostra — ha assicurato Nicoletti — l’impegno è e sarà massimo: penso, in questo senso al pacchetto attrattività, al credito d’imposta, al sostegno alle startup, agli investimenti in banda larga e, non ultimo, al trilinguismo che renderà più competitive sul mercato del lavoro le nuove generazioni».
Nonostante, infatti, la condizione giovanile sia migliore rispetto al resto d’Italia e la stessa Garanzia Giovani, il programma europeo di politiche attive per l’occupazione dei Neet abbia raggiunto in Trentino ottimi risultati, gli under 25 restano i più penalizzati dalla crisi con un tasso di disoccupazione pari al 27% (in Alto Adige, solo il 12%). A livello generale, invece, il trend occupazionale si mantiene stabile in entrambe le province, sostenuto in particolar modo dalla componente femminile, vera e propria new entry «causa crisi». Non solo, nell’ultimo anno, il numero degli occupati in Trentino è cresciuto dell’1,3%, portando il tasso generale di occupazione al 65,9% (a Bolzano si è registrato rispettivamente lo 0,2% e il 70,8%).
Infine, i singoli comparti. Da un lato l’aumento del fatturato nel settore manifatturiero (+2,1% regionale e un’accelerazione prevista nell’anno in corso), la ripresa degli investimenti e l’aumento del credito alle famiglie, soprattutto con i mutui per l’acquisto delle abitazioni; dall’altro, la difficoltà del commercio, il cui fatturato è calato sia nelle vendite al dettaglio sia all’ingrosso, la perdurante flessione delle opere pubbliche, il rallentamento del turismo (- 0,7% delle presenze) e la negatività, ormai strutturale, dell’edilizia, con un’ulteriore diminuzione sia delle ore lavorate (- 11%) sia del numero di lavoratori (10,4%).
«Fattori che — ha concluso Ciucci — evidenziano il permanere di foschie e problematicità, ma che al tempo stesso ci spingono a essere positivi e a credere nei segnali di ripresa che si intravedono sia a livello locale che nazionale, investendo in quelle componenti che hanno reso tanto performante la locomotiva tedesca. E dunque: innovazione, ricerca, capitale umano, ma, soprattutto, in una nuova mentalità».