Una storia sbagliata all’Astra
«L’Italia non parla di guerra»
Sale piene al cinema Astra ieri a Trento per la presentazione dell’ultimo film di Gianluca Tavarelli, Una storia sbagliata con Isabella Ragonese e Francesco Scianna. Ad aprire la proiezione delle 21 ci hanno pensato i protagonisti della pellicola che hanno dialogato con il pubblico in sala e raccontato la genesi e la produzione del film.
Il film, distribuito in circa 50 sale, è uscito in contemporanea sia sul grande schermo sia in streaming, un esperimento che poche volte è stato tentato in Italia. La storia, sbagliata come recita il titolo stesso, è quella di una coppia «normale», così come la definisce il regista: Stefania (Isabella Ragonese) e Roberto (Francesco Scianna) vivono a Gela, si sono conosciuti e innamorati, lei lavora in ospedale ed è impegnata con i bambini che nascono malformati a causa del petrolchimico, lui è un soldato distaccato in Iraq. Si amano, si sposano, prendono un mutuo, comprano una casa, vorrebbero avere un figlio.
Poi le cose si complicano: lui va e viene dal fronte, quando è là vorrebbe tornare al più presto da lei, quando è a casa è sempre distratto, confuso, vuole ripartire. Poi qualcosa cambia, ben presto lo spettatore intuisce che c’è qualcos’altro, qualcosa che rimane taciuto e Tavarelli non racconta la storia in senso cronologico, la spezza, la fornisce per indizi, per frammenti.
La telecamera segue Stefania, che suo il filo dei ricordi decide di partire per l’Iraq come volontaria con un’associazione ma in realtà è alla ricerca di una verità che sembra seguire le tracce del marito. Nella pellicola, Tavarelli mescola diversi linguaggi, partendo dalla storia d’amore tra i due protagonisti s’inoltra nel territorio del film di denuncia, mostrando sia la brutalità della guerra sui civili sia la devastazione che avviene nell’anima di tutti coloro che ne sono coinvolti. «In europa non si parla dei nostri militari impegnati all’estero — ha spiegato ieri il regista — mentre gli Stati Uniti, per esempio, hanno un patriottismo più spiccato». Di qui la funzione pioneristica della pellicola: «è forse il primo film che affronta il tema — ha aggiunto — Ho scelto di parlare di chi il conflitto lo subisce, rimanendo a casa».