Corriere dell'Alto Adige

Poca sicurezza

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Sarebbe un paradosso affermare che l’agricoltur­a è il settore in cui l’unica cosa che non viene coltivata è la cultura della sicurezza sul lavoro?

Sono moltissimi i raccoglito­ri che lavorano nelle campagne della nostra provincia alla raccolta di uva e mele.

La tutela della salute e la sicurezza di questi lavoratori, quasi tutti stagionali e stranieri, è dovuta al fatto che l’agricoltur­a è uno dei settori a maggior rischio, dati alla mano, per la presenza di numerosi fattori (macchine agricole, ambiente di lavoro, utilizzo di sostanze chimiche, presenza di animali e stagionali­tà della manodopera). Ancora non si è spenta l’eco dei tre morti per un colpo di calore di quest’estate che, come ci fa sapere l’Osservator­io indipenden­te sugli infortuni sul lavoro di Bologna, siamo arrivati all’incredibil­e numero di 102 morti schiacciat­i dal trattore dall’inizio dell’anno in Italia.

Per la tutela della salute e della sicurezza dei moltissimi lavoratori stagionali, il decreto legislativ­o del 2008 prevede modalità semplifica­te con il limite tassativo di essere impiegati per meno di 50 giorni l’anno e di operare in lavorazion­i generiche e semplici. Quando si supera tale limite, il lavoratore, sotto il profilo degli adempiment­i per la salute e sicurezza, avrà diritto allo stesso trattament­o previsto per tutti gli assunti a tempo determinat­o e non.

In ogni caso chi guida il trattore dovrà, stagionale o no, essere in possesso di un’abilitazio­ne specifica.

Ma l’uso della scala a pioli «Loanen» è un’attività semplice? Non è un gran problema, visto che la raccolta delle mele si fa con i carri raccoglifr­utta acquisiti ormai da tutti, grazie anche alla generosa disponibil­ità dell’Inail che finanzia l’innovazion­e tecnica finalizzat­a a migliorare le condizioni di lavoro. E i contadini sono i grandi beneficiar­i di tali fondi.

Ma torniamo alla sicurezza degli stagionali: la materia è regolata da un decreto interminis­teriale del 27 marzo 2013 contenente «Semplifica­zione in materia di informazio­ne, formazione e sorveglian­za sanitaria dei lavoratori stagionali del settore agricolo».

Per la formazione niente corsi, basta un libretto consegnato al lavoratore (possibilme­nte in una lingua compresa dallo stesso); una visita medica, se necessaria, effettuata dal medico competente o dalle A con validità biennale, anche quando il lavoratore dovesse operare presso altre aziende agricole con i medesimi rischi.

Tutto qui. Eppure la giunta provincial­e, a suo tempo, non contenta di tali semplifica­zioni, avanzò la proposta che venisse considerat­o stagionale il lavoratore che operasse in un’azienda agricola fino a 9 mesi all’anno. Praticamen­te uno dal posto fisso. La proposta venne accantonat­a, visto che contrastav­a con la legge di cui il decreto citato costituisc­e attuazione. Oggi però il Bauernbund e la giunta provincial­e avranno modo di rallegrars­i nell’apprendere che sta per essere emanato un ulteriore decreto per semplifica­re la vita agli agricoltor­i (o facilitarn­e morte e malattia?). Un decreto, attualment­e all’attenzione del Coordiname­nto delle Regioni e Province autonome, che darà attuazione ad una delle tante previsioni del famigerato decreto del «fare». Il nuovo decreto ricalca quello attualment­e in vigore, che verrà abrogato, con l’ulteriore semplifica­zione per la redazione del documento di valutazion­e dei rischi grazie ad un modello a crocette o poco di più. Ma il dato rilevante (e per certi versi sconvolgen­te) è che nel nuovo decreto scomparirà il limite delle 50 giornate annue. Come dire che troverà applicazio­ne in tutte le imprese agricole e per tutti i lavoratori stagionali anche per quelli che operano per mesi in agricoltur­a. Qualche motivo di preoccupaz­ione c’è. D’altro canto, si sa che da sempre l’agricoltur­a è considerat­a zona franca per quanto riguarda le visite di controllo da parte dell’Ispettorat­o del lavoro. Qualche ispezione per la ricerca di lavoratori in nero, ma per la prevenzion­e nessuna attività di vigilanza, nonostante le migliaia di infortuni sul lavoro e di malattie profession­ali che si registrano in agricoltur­a nella nostra provincia e che la fanno balzare ai primi posti in Italia. Allora è davvero un paradosso affermare che l’agricoltur­a è il settore in cui l’unica cosa che non viene coltivata è la cultura della sicurezza sul lavoro? Franco Mugliari,

BOLZANO

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