«Fermiamo la violenza sulle donne»
«Gea», festa al Museion. Kustatscher: abusi, un fenomeno trasversale
L’associazione Gea, in prima linea contro la violenza sulla donne, compie 15 anni. Un traguardo significativo che l’associazione festeggerà domani con un aperitivo musicale dalle 19 al Museion. La presidentessa Kustatscher: fermare le violenze ma anche costruire ruoli sociali e occasioni per diffondere la parità di genere.
BOLZANO Gea, l’associazione in prima linea contro la violenza sulla donne, compie quindici anni. Un traguardo significativo che l’associazione festeggerà domani con un aperitivo a partire dalle 19 al Museion con la Sam Session (Sandra Montagnana, Alessandra Amaddii, Monika Callegaro) e a seguire con dj music. L’impegno di Gea si articola in tre modi: attraverso il Centro d’ascolto antiviolenza che fornisce ascolto, consulenza e aiuto psicologico alle donne che vi si rivolgono, la Casa delle Donne, ovvero una casa collocata in un indirizzo segreto dove trovano rifugio le donne vittime della violenza e infine un numero verde attivo 24 ore su 24 grazie alla collaborazione delle socie, telefonando all’800276433.
Gabriella Kustatscher, presidentessa di Gea, negli ultimi anni sono aumentate le denunce per violenza sessuale e domestica da parte di donne. Sono aumentate solo le denunce o anche i casi di violenza?
«Questa è una domanda che mi fanno sempre ma alla quale non saprei rispondere. In realtà le cose esistono quando vengono definite, per cui fino agli anni Ottanta la violenza domestica non esisteva semplicemente perché non era definita. Era socialmente accettata. Le attiviste femministe invece hanno combattuto contro l’accettazione della violenza di genere. È stato un lavoro di sensibilizzazione importantissimo per far capire che questi comportamenti non si possono accettare. In questo senso è anche molto importante il ruolo dei media per tra- smettere queste informazioni in modo appropriato».
Riguardo alla sensibilizzazione e ai media, è importante che i media utilizzino un linguaggio di genere per diffondere un maggiore rispetto nei confronti delle donne e quindi combattere la violenza di genere?
«Sicuramente è molto importante. Ovvio che affermare che dire “la ministra” invece che “il ministro” risolve il problema della violenza sulle donne è riduttivo. Ma utilizzare un linguaggio appropriato signifi- ca riconoscere anche un ruolo sociale. Mi fa ridere chi sostiene che esiste il neutro per definire un incarico, che poi è sempre di alto livello. In italiano non esiste il neutro e si deve usare il femminile se ci riferisce a una donna per riconoscerne il ruolo sociale».
Esistono categorie o popolazioni più soggette alla violenza sulle donne?
«No, è un fenomeno trasversale che riguarda ricchi e poveri, italiani e stranieri. Categorizzare indicando gruppi più soggetti di altri è probabilmente un bisogno psicologico rassicurante perché così possiamo pensare di essere al sicuro perché non ne facciamo parte, ma non è così».
Dopo quindici anni di vita di questa associazione qual è il messaggio che vorrebbe lanciare?