Ovadia, Rossi e Fresu svelano i drammi dietro le migrazioni
Il 3 ottobre Bolzano ricorda il secondo anniversario del naufragio di Lampedusa. Appuntamento in stazione Ricco il programma: si parte con Fresu, poi una tavola rotonda, quindi Têtes de Bois, Rossi e Moni Ovadia
Ore 7 del 3 ottobre 2013. Alcuni pescherecci e imbarcazioni civili notano, a circa mezzo miglio dalle coste lampedusane, dei naufraghi in mare. Scatta l’allarme: qualcuno viene caricato subito a bordo, poi arriverà la Guardia costiera. Il bilancio però è drammatico: 366 morti certi, 20 dispersi presunti, 155 superstiti. Tutto per un incendio scoppiato a bordo del barcone partito dalle coste libiche.
Ore 12 del 3 ottobre 2015. Paolo Fresu apre, alle Officine della stazione di Bolzano in via Macello, la giornata Bolzano
Frontiera d’Europa, più di dieci ore di parole, note, teatro per ricordare quella tragedia. In mezzo, fra quel 3 ottobre e il prossimo 3 ottobre, ci sono due anni di drammi simili. Le immagini del peschereccio inghiottito nelle acque del Mediterraneo con il loro corollario di morte si sono ripetute nei mesi, quasi uguali eppure sempre diverse, dannatamente inedite.
La storia del mondo è piena di migrazioni di massa, di popoli carichi di borse, sacchi e pacchi costretti a scappare dalle guerre. Ciò che accade oggi non è dunque una novità. Ciò che forse è diverso è la risposta della politica, in questa caso europea, fatta più di tentennamenti che di accoglienza. C’è stata la missione umanitaria «Mare Nostrum», superata dalla non certo più efficace operazione «Triton di Frontex». Le vittime hanno continuato ad aumentare. Nelle zone di frontiera si è iniziato a parlare di muri (Ungheria) e tutti hanno negli occhi gli scogli di Ventimiglia, al confine con la Francia, con centinaia di migranti abbarbicati sugli scogli in attesa di oltrepassare il confine in cerca di una vita migliore.
La storia di Aylan al-Kurdi, il bimbo siriano trovato esanime sulla spiaggia di Bodrum, in Turchia dopo che con la famiglia era partito da Kobane per uno di quei tanti viaggi della speranza infrantisi nelle acque del mare, ha scosso gli animi e le coscienze dell’opinione pubblica e della politica. Bisogna fare qualcosa. Anche da qui parte la giornata evento del prossimo 3 ottobre, Bolzano frontiera d’Europa. Bozen Grenze Europas.
Si comincerà alle Officine di Bolzano con il concerto di Paolo Fresu alle 12, ma la manifestazione, volutamente organizzata nei pressi della stazione ferroviaria, terra di confine e attraversamenti, entrerà nel vivo con la tavola rotonda delle 16.30. Ad aprire i lavori ci saranno Luigi Manconi e Francesco Palermo della Commissione per i diritti umani del Senato. Seguiranno gli interventi di Sandro Gozi, sottosegretario alla presidenza del consiglio, del presidente della Provincia Arno Kompatscher, di Carlotta Sarni, portavoce dell’Unhcr e di Roger Hopfinger, per Trenitalia. Era previsto anche il discorso di Luigi Spagnolli che, in seguito alle dimissioni, rimane da confermare. Alle 18.30 si tornerà alla musica: c’è attesa per il concerto dei Têtes de Bois di Andrea Satta, che sui migranti di Ventimiglia hanno scritto una canzone, We are not going
back. Il brano, nato in modo spontaneo, sugli scogli, improvvisato con bastoni e sassi è divenuto una sorta di canto di protesta e inno di libertà. Il gruppo passerà dunque il microfono alla creatività istrionica di Paolo Rossi.
La giornata si chiuderà solo a notte inoltrata. Alle 20 infatti è prevista l’orazione di Maurizio Maggiani, il coro Ardadioungo e la performance di Moni Ovadia, intitolata L’esodo e l’accoglienza.