I 120 giorni grigi dello Spagnolli-ter Il lungo addio segnato dal Kaufhaus
Chissà quante volte avrà pensato a quella immagine di Giovanni Salghetti che lascia il municipio con due borse di carta. Dopo aver fatto lo stesso errore (candidarsi per la terza volta, anziché lasciare al top dopo due mandati), Luigi Spagnolli voleva almeno evitare l’onta delle foto-simbolo. «Quelle in cui sembri triste e deluso, anche se non lo sei davvero» sbotta. In effetti, il giorno dopo le dimissioni, il sindaco appare sollevato. E non c’è da stupirsi, visto l’andamento dei 120 giorni del terzo mandato.
Tutto inizia il 24 maggio, con la vittoria (netta, ma non trionfale) nel testa a testa con Urzì. Quella sera in municipio c’è solo lo sconfitto: il sindaco è a discutere nella sede del Pd, dove ha pure un battibecco con un fotografo. Spagnolli non riesce proprio ad assumere l’aria del vincitore: il giorno della proclamazione, bisogna quasi pregarlo per metterlo in posa con le dita a “V”. Il problema è che la strategia di scaricare gli ecosociali è fallita: per ottenere la fiducia, occorrono 23 seggi su 45, ma lui ne ha solo 19. Parte l’estenuante fase della trattativa. Dall’altra parte del tavolo c’è l’inflessibile Cecilia Stefanelli: i due proprio non si «prendono», tanto da uscire rispettivamente sconvolti dal primo (e ultimo) caffé preso assieme alla Funivia del Renon. Con Gallo e Margheri («rosso uno» e «rosso due») invece Spagnolli riesce a capirsi, nonostante le discussioni infinite. Il compromesso costa al sindaco l’addio di Chiara Pasquali, che si dimette polemicamente. Anche gli ecosociali si spaccano: Spagnolli arriva a 22 voti, ora ne manca solo uno. Entra in gioco Dieter Steger, che imbarca l’anti-Benko Luciano Giovanelli.
Sembra fatta. Spagnolli presenta la squadra, ma l’inatteso «nein» di Pitarelli lo impallina. «Doveva finire così» commenta rassegnato. La mattina dopo Spagnolli si presenta in ufficio per fare gli scatoloni. Ma i tecnici Moroder e Travaglia, assieme al vice Ladinser, lo fermano.«Forse c’è una chance». Gigi si fa convincere. Sulla base di una inedita interpretazione, Spagnolli si ripresenta in aula il 25 giugno per una nuova prova di fiducia. C’è da recuperare il 23° voto, e si prova di tutto. Steger arriva a chiamare i «grillini», che Spagnolli detesta, ricambiato. Si punta sui verdi. Il sindaco deve rinnegare l’amato progetto Benko in una drammatica riunione di maggioranza: «Mi impegnerò per la bocciatura» dice, e in aula afferma: «Sto cambiando idea». I verdi dicono sì, Spagnolli ha la sospirata fiducia.
Ma i guai sono solo rimandati. A metà luglio arriva lo psicodramma della delibera Benko: terrorizzata dai rischi legali, è la maggioranza a chiedere il voto segreto. Spagnolli annuncia il suo sì e attacca i verdi. La delibera è bocciata per un voto: nessuno saprà mai cosa sperasse davvero Spagnolli. Nel frattempo gli assessori iniziano ad andare in ferie, ma non hanno ancora le deleghe complete: il sindaco non riesce ad attribuirle perché Pd e Svp litigano. A settembre i verdi sacrificano Stefanelli sull’altare della governabilità: sembra fatta. Ma ripartono i veti incrociati. Spagnolli non regge più. Al concerto dei «Westbound» sotto il municipio sale sul palco e canta «Volare»: quasi un urlo liberatorio. Se ne va dal municipio di nascosto, non prima di firmare il nuovo decreto Benko. I 120 giorni sono finiti.