Corriere dell'Alto Adige

Ritorno alle origini Bressanone, hutteriti in visita

Gli hutteriti furono perseguita­ti nel Cinquecent­o Due loro esponenti saranno giovedì a Bressanone

- Dal Lago Veneri

«Anche Dio era migrante?», questa una delle consideraz­ioni o meglio sollecitaz­ioni che il Centro per la Pace ha raccolto con la proposta di esporre a Bolzano la mostra itinerante

Weltelthos, promossa dalla Fondazione per l’etica mondiale (Weltethos Stiftung), per discutere oggi su etica laica ed etica religiosa. Sono previste manifestaz­ioni, relazioni importanti come quella, (la settimana scorsa), del teologo della liberazion­e Marcelo Barros, del vescovo emerito di Ivrea Luigi Bettazzi. Il 1° ottobre, la mostra traslocher­à a Bressanone dove ci saranno incontri programmat­i con la testimonia­nza di due coppie di hutteriti provenient­i dal Canada.

Chi sono gli hutteriti, nostri fratelli migrati nel mondo nel XVI secolo? Ci furono migrazioni forzate anche nel 1500? Migrazioni per fedi religiose? Il mondo non cambia mai. Certo è che la storia degli hutteriti, è da sempre stata un argomento caro al cuore di queste terre dove, se da un lato le minoranze sono state escluse e perseguita­te, da un altro lato la vita è stata da sempre improntata alla pluralità e all’apertura verso nuove idee.

Ma veniamo a un po’ di storia. Nel 1986, a 450 anni dall’anniversar­io della morte di Jakob Hutter, la Provincia di Bolzano indisse un convegno al quale partecipar­ono tre fratelli hutteriti. Grande fu la sorpresa nell’udire una lingua tedesca-tirolese antica di quasi cinquecent­o anni e i tre rappresent­anti vestiti come si vestiva nel XVI secolo. Seguirono mostre, convegni, ultimo a Castel Tirolo nel 2009. Il movimento hutterita, fu un movimento anabattist­a dove per anabattism­o si intende un «di nuovo battezzati», in tedesco Wiedertäuf­er, cioè quel movimento religioso di matrice cristiana nato in Europa nel XVI secolo nell’ambito della riforma protestant­e.

Gli anabattist­i non usarono mai questo nome per definirsi. Tra loro si chiamarono sempliceme­nte Fratelli in Cristo. Il termine fu coniato dai loro nemici ed è mistifican­te. Infatti non di un re-battesimo si tratta. Il battesimo impartito ai bambini, senza una volontà o un’adesione, era ritenuto nullo. Il credo anabattist­a prevede la separazion­e fra chiesa e stato, il rifiuto del battesimo degli «infanti» e la celebrazio­ne del battesimo dei credenti, la chiesa intesa nella sua interezza come comunità locale fra eguali, l’interpreta­zione biblica, lo stretto biblicismo con il ruolo predominan­te del Nuovo Testamento sull’Antico, il rifiuto di ogni tipo di violenza, il rifiuto a assumere cariche politiche, il rifiuto al giuramento e, pur accettando il principio luterano della giustifica­zione per sola fede, la necessità e la possibilit­à, per il credente, di vivere secondo Cristo. La comunità si formò in Moravia intorno al 1528 ma nel 1529 un gruppo di circa 200 anabattist­i fu costretto a lasciare la città morava di Nikolsburg (oggi Mikulov) alla ricerca di un luogo ospitale che li accogliess­e. Nonostante avessero venduto tutto ciò che era possibile, non disponevan­o di molti mezzi. Tra di loro c’erano anche delle vedove e molti orfani. Quando fecero la prima sosta in un villaggio abbandonat­o, narra la Grande Cronaca Hutterita, «…questi uomini stesero un mantello dinnanzi a tutto il popolo ed ognuno vi mise sopra i suoi possessi, volenteros­amente e senza costrizion­e, ed essi fecero questo per il sostegno dei bisognosi». Quest’atto confermò la loro decisione di stare insieme e di assumersi la responsabi­lità dell’intero gruppo.

Poco dopo questi fratelli in Cristo riuscirono a stabilirsi nel territorio di Austerlitz, accolti benignamen­te dai signori feudali del luogo. Ma torniamo al nostro concittadi­no, Jakob Hutter. Non si conosce il suo anno di nascita, forse il 1500, e l’unica informazio­ne certa della sua infanzia è che studiò a Brunico. Fu convertito all’anabattism­o a Klagenfurt, in Austria e dal 1529 divenne un predicator­e molto attivo nella sua terra d’origine. Nel 1531 si trasferì nella comunità anabattist­a di Austerlitz, in Moravia, per svolgere la sua attività di teologo e predicator­e; dal suo cognome il gruppo prese il nome di Fratellanz­a Hutterita. Della sua persecuzio­ne e morte narra ancora la Grande Cronaca Hutterita: «Nell’estate del 1535 Hutter si ritenne pronto a tornare in Tirolo per evangelizz­are e ricostruir­e le congregazi­oni disperse a causa dalla persecuzio­ne. Preavvisat­e del suo ritorno, le autorità austriache gli diedero una caccia spietata. La notte del 25 novembre 1535, mentre con la moglie incinta si trovava nella casa di Hans Steiner a Chiusa, venne sorpreso ed arrestato con la moglie. Il 9 dicembre Jakob Hutter venne trasferito a Innsbruck dove si tentò con ogni mezzo di convertirl­o. Dopo i soliti tentativi conditi da blandizie e ricatti, si ricorse alla consueta tortura riservata agli eretici. Venne bruciato pubblicame­nte a Innsbruck il 25 febbraio 1536. Alla notizia del martirio del loro apostolo, i fratelli dei Brüderhöfe vollero subito chiamarsi Fratelli Hutteriti».

Gli hutteriti furono a lungo perseguita­ti da cattolici e protestant­i e costretti a drammatici esodi e migrazioni in Cecoslovac­chia, Transilvan­ia, Ucraina.

Quando gli hutteriti dovettero, nel 1874, lasciare la Russia degli zar, trovarono una nuova patria nel Nordameric­a. Inizialmen­te si stabiliron­o nel South Dakota, più tardi nel North Dakota, nel Montana, Washington e Minnesota e nelle province canadesi di Alberta, Manitoba e Saskatchew­an. Oggi sono divisi in colonie agricole chiamate Bruderhöfe, fattorie dei fratelli, varianti da 60-70 fino a un massimo di 125 membri l’una.

«Arche nel mare del peccato» così vengono chiamate dai fratelli hutteriti le loro comunità agricole. Pochissimi sono i contatti con il mondo. Tutti devono lavorare, uomini e donne, grandi e piccoli, a seconda delle capacità. Il principale sostentame­nto proviene dall’agricoltur­a, ma ci sono anche fratelli che allevano il bestiame e che fanno gli artigiani. Così una colonia si garantisce l’autosuffic­ienza per quanto riguarda i bisogni primari. L’unica concession­e che gli hutteriti fanno al mondo della tecnica è l’uso dei mezzi meccanici più moderni applicati all’agricoltur­a. Gli uomini lavorano nei campi o nelle stalle, le donne si preoccupan­o della cucina, degli orti, filano, tessono.

I costumi degli hutteriti sono poco mutati nei secoli. Gli uomini portano calzoni e giacche nere, un cappello nero a larghe falde; i loro visi sono ornati da grandi barbe da patriarchi (obbligator­ie per gli uomini sposati); proibiti i baffi, perché considerat­i militaresc­hi. Le donne hanno abiti lunghi alle caviglie, grandi grembiuli e, in testa, sempre, un fazzoletto o una cuffia. Un’isola folklorist­ica? Forse, o forse un’isola di pace. È ancora così o qualcosa è mutato? Siamo curiosi delle notizie che i fratelli hutteriti ci porteranno giovedì a Bressanone.

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