Giotto, genio pittorico Seguaci attivi a Bolzano
Via Giotto si trova a Bolzano Sud, non lontano dalla Fiera. Quand’ero bambino, i programmi delle elementari prevedevano cenni di storia dell’arte. Si ricorreva perlopiù a racconti di tipo aneddotico-leggendario su Cimabue, Giotto, Leonardo, Michelangelo... Cimabue era lo scopritore d’un Giotto pastorello, Giotto era quello dell’O di Giotto, Leonardo un geniaccio impaziente che aveva inventato quasi tutto, Michelangelo prendeva a martellate le statue che non parlavano. Immaginazione, leggende; c’era però anche il sussidiario, con altre notizie e illustrazioni, e magari un proiettore, per apprezzare meglio certi capolavori: qualcosa s’imparava. Poi bisognava memorizzare e riassumere, oralmente e per iscritto. Grazie a lavagna e gessi colorati, i maestri più dotati nel disegno invitavano, con l’esempio, a imitare i grandi maestri, e spesso ne uscivano operine graziose. Alla fine qualche ideuzza in testa rimaneva e tutti sapevano almeno leggere, scrivere, narrare, arrangiarsi a disegnare. Nessuno o quasi, a partire dai docenti, s’azzardò a proporre di andarle a vedere dal vivo, le opere dei grandi - magari di Giotto, nella non lontana Padova. I soldi, pochi, servivano ad altro; e poi non molti insegnanti sapevano, soprattutto se venivano «dall’Italia» - ma lo ignorano ancor oggi molti bolzanini - che la fama di Giotto, vissuto come Dante a cavallo fra Duecento e Trecento (e della sua rivoluzionaria pittura, che dava dimensioni agli oggetti, vita e anima ai personaggi) aveva prodotto seguaci giunti anche quassù, i cui affreschi sopravvivevano nella chiesa e nel convento del Domenicani, in particolare nella cappella di San Giovanni, nel chiostro dei Francescani e nel Duomo. Ma a quei tempi portare una turba di bambini ad ammirarli era cosa insolita e difficile, e pochi ebbero il coraggio e le competenze per farlo. Naturalmente non è mai troppo tardi, per giovani docenti e per anziani alunni: quel che la guerra ha risparmiato è ancora lì.