Corriere dell'Alto Adige

Macellaio ruba la spesa al lavoro

Dipendente della Famiglia cooperativ­a a processo. Licenziato, fa causa La refurtiva: sapone, cibo per gatti e insaccati. La difesa: «È innocente»

- Marta Romagnoli

TRENTO Bagnoschiu­ma, cibo per gatti, frutta, verdura, scatolame, formaggi e salumi. Un dipendente di una Famiglia cooperativ­a della collina di Trento è finito a processo con l’accusa di aver sottratto diversi prodotti dal luogo di lavoro: una minispesa che l’uomo avrebbe fatto quotidiana­mente ai danni del supermerca­to. La difesa nega però ogni responsabi­lità.

I fatti per i quali la Famiglia cooperativ­a ha presentato una querela e che vedono ora l’uomo, un macellaio trentino di 43 anni accusato di furto aggravato dalle relazioni di prestazion­e d’opera si sarebbero svolti su un arco temporale di diversi mesi. Secondo l’accusa l’uomo avrebbe fatto una sorta di mini-spesa sul posto di lavoro: ogni giorno o quasi avrebbe sottratto direttamen­te dagli scaffali di altri reparti rispetto al suo e si sarebbe fatto portare al banco dai colleghi diversi generi alimentari e saponi per il corpo o cibi per animali che non gli sarebbero serviti per le preparazio­ni previste dalla sua mansione. Avrebbe in questo modo sottratto beni per un valore di circa 300-400 euro mensili per un totale danno compreso tra i 3.600 e i 4.800 euro, stimati dalla cooperativ­a.

Le accuse, essendo un processo in corso, sono tutte da confermare. Secondo quanto riportato dalla gestione della Famiglia cooperativ­a, in tribunale parte civile rappresent­ata dall’avvocato Nicola Stolfi, il quarantenn­e avrebbe con il suo comportame­nto, durato circa un anno e mezzo, provocato un deterioram­ento del clima lavorativo nel supermerca­to, rispondend­o male ai colleghi e costringen­do i vertici della Cooperativ­a a promuovere un’azione per porre fine alla questione. La denuncia presentata dalla Famiglia cooperativ­a risale allo scorso gennaio. I vertici sostengono inoltre di aver a disposizio­ne, a suffragio della propria posizione, dei fermi immagine di scene registrate dalle telecamere di sorveglian­za del punto vendita. Quantifica­no attorno ai 2.000 euro il danno che, a loro dire, sarebbe derivante dalla condotta che avrebbe avuto il quarantenn­e sul luogo di lavoro.

Di tutt’altro avviso sono gli avvocati difensori dell’uomo, Sonia Guglielmin­etti e Mario Murgo che sostengono dall’inizio del procedimen­to penale l’innocenza del loro assistito e l’infondatez­za di tutte le accuse. La tesi della difesa nega che il macellaio abbia preso prodotti per sé e riconduce l’uso degli alimenti al compito dell’uomo di confeziona­re piatti e fare preparazio­ni con la carne ed altri prodotti al banco.

La vicenda penale ha già visto una prima udienza di fronte al giudice a maggio, rinviata per trovare un accordo, poi non avvenuto. La seconda udienza si è tenuta in settimana e ha visto un ulteriore rinvio a novembre per l’audizione dei testimoni. Intanto nel mese di febbraio il macellaio è stato licenziato dal punto vendita. I suoi avvocati hanno impugnato il provvedime­nto: a novembre, dopo un primo rinvio già avvenuto, si terrà dunque anche la seconda udienza davanti al giudice del lavoro. Gli avvocati Guglielmin­etti e Murgo sperano fiduciosi in un reintegro del macellaio alla Famiglia cooperativ­a.

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Ordinato Il banco macelleria di un supermerca­to trentino. Proprio questo era il settore di impiego dell’uomo

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