Kainrath saluta il
Festival popolare Ieri è calato il sipario su Transart
È uno splendido pomeriggio settembrino a Bressanone. Non è ancora sera ma il concerto comincia presto, alle 17. È l’ultimo appuntamento di questa 15esima edizione del festival Transart, il pubblico è visibilmente curioso di immergersi in questo Symposion e di ascoltare il Klangforum Wien. Non solo le orecchie, ma anche il palato è curioso in attesa delle sorprese culinarie che lo aspettano, gli occhi indagano il posto, inconsueto per una location di un concerto, un’azienda che costruisce case ecologiche.
Le location inaspettate sono diventate una cifra stitlistica di Transart, per mantenere le potenzialità di innovazione delle creazioni stesse. Ne è convinto Peter Paul Kainrath direttore artistico del festival: «Il pubblico vuole essere coinvolto e vuole sperimentare nuovi contenuti anche attraverso nuovi format»
Abbiamo visto concerti sulla seggiovia,in spazi industriali o in mezzo al bosco: perchè sperimentare luoghi non convenzionali?
«La sala da concerto, il primo e il secondo tempo, non corrispondono sempre alle esigenze poetiche della musica contemporanea e riflettono a un gusto e un’ideologia borghese. Quest’anno i nostri artisti hanno dialogato con i luoghi per i quali hanno composto musica o ideato performance».
Anche l’uso della tecnologia in nuove modalità ha rappresenta una caratteristica di Transart. Penso al Coro dei migranti che ha inaugurato il festival.
«Ho visto questi giovani, soprattutto africani, che usavano il piazzale del Museion come punto di incontro anche perché lì possono accedere gratis a internet, sono stato colpito dalle loro belle voci. Il coro dei migranti è stato un momento di condivisione molto toccante, che ha messo loro in condizione di salutare noi, attraverso il canto, condiviso anche grazie ad una tecnologia comune come lo smartphone».