Religione, crescono le proteste delle famiglie
Nasce la Carta della solidarietà. Manconi: «Occorrono regole comuni»
BOLZANO La memoria collettiva non solo come omaggio e ricordo delle vittime ma come azione. Un’azione che prende vita proprio dalla stazione di Bolzano dove ogni giorno oltre 100 profughi passano diretti al Brennero. Sono circa 21 mila quelli transitati dal 1 gennaio a oggi. Ieri alle officine ferroviarie di via Macello la manifestazione «Bolzano frontiera d’Europa — Profughi, migranti, confini spinati» ha celebrato l’anniversario del naufragio di Lampedusa costato la vita a oltre 350 persone.
È stata presentata la Carta di Bolzano, un documento politico il cui cuore è costituito da 4 provvedimenti essenziali: legislazione europea unica per la richiesta di asilo; superamento di Dublino; introdurre l’ammissione umanitaria, il reinsediamento e i visti umanitari; una politica più intelligente per l’ingresso. «Questa giornata è dedicata ai migranti che vengono e che verranno, e ai volontari che operano per l’accoglienza» ha detto il senatore del Pd Luigi Manconi. Dalle 12 a tarda sera in via Macello centinaia di cittadini hanno visto l’esibizione del trombettista Paolo Fresu e partecipato alle 16,30 una tavola rotonda sulla Carta, coordinata dal senatore Francesco Palermo. «La Carta è un documento che vorremmo in futuro fosse ricordato con questo nome proprio perché da qui prende le mosse. L’Italia — ha esortato Manconi — giochi da protagonista all’interno dell’Ue rinegoziando le regole. Vogliamo un diritto d’asilo europeo comune». Dopo i saluti istituzionali del commissario di Bolzano, Francesca Decarlini, che ha ricordato «la collaborazione fra istituzioni per l’accoglienza», è stata la volta del presidente della Provincia Arno Kompatscher: «Non è la Provincia ad aver fatto tanto, ma sono i singoli e i piccoli gruppi. L’Alto Adige assiste 826 richiedenti asilo, con l’aiuto delle associazioni, e circa 150 persone in transito al giorno; il vicino Tirolo, però, sta assistendo quasi 5.000 richiedenti asilo. Potremmo fare di più e anche per questo, quando alcune settimane fa la Baviera ci ha chiesto un aiuto noi non ci siamo tirati indietro: non siamo riusciti a fare quello che volevamo, ma era nostro dovere dare una mano». Duro l’intervento di Carlotta Sami, portavoce dell’Alto commissariato per i rifugiati: «La crisi che stiamo vivendo è una crisi che l’Eu- ropa si è autoinflitta: già nel 2012 si sapeva che la crisi siriana avrebbe causato l’esodo di milioni di persone. I rifugiati siriani nel mondo sono forse più dei 4 milioni da noi registrati e non possiamo pensare che un continente come il nostro non sia in grado di gestire 600 mila persone. L’aspetto dell’accoglienza è la componente determinante di questa crisi: i rifugiati partono sia per motivi ideali sia per motivi molto pragmatici e hanno bisogno di trovare una struttura statale efficiente. Mancano però condizioni di accoglienza omogenee e coerenti e questo è gravissimo. L’ultima questione dirimente è quella dei confini: ultimamente è stata trattata come un rubinetto che si apre e si chiude a seconda delle esigenze, e questo sta avendo conseguenze drammatiche. C’è bisogno di aprire delle vie legali, corridoi umanitari: è assurdo — ha concluso la Sami — che si continui a dare per scontato che i migranti arrivino pagando trafficanti, rischiando di morire una seconda volta». L’ultima testimonianza, prima degli spettacoli di Paolo Rossi, Moni Ovadia, Tete de Bois e coro Ardadioungo, la offrono i rappresentanti delle associazioni di volontari che ogni giorno sono impegnati nell’accoglienza. Monika Weissensteiner, della Fondazione Langer, fa il punto: «Bisogna allargare il concetto di famiglia e favorire i ricongiungimenti; sveltire le pratiche di accoglienza e favorire le esperienze di microaccoglienza diffusa, evitando il modello dei grossi centri con tanti ospiti».