SOTTO IL SEGNO DEL CAMBIAMENTO
La Provincia autonoma è la più grande impresa che opera sul nostro territorio. Sono in corso grandi cambiamenti che creano timori in dipendenti e dirigenti.
di
La Provincia autonoma è la più grande impresa che opera sul nostro territorio. Ne ho avuto di nuovo chiaro sentore partecipando giovedì a un convegno rivolto ai dirigenti dell’Eurac nella loro sede. I partecipanti erano circa duecentocinquanta, provenienti da tutti i settori in cui l’ente pubblico è articolato. Il tema riguardava i cambiamenti strutturali che hanno luogo all’interno dell’organigramma provinciale.
Qualche mese fa un usciere mi ha accolto con un insofferente «qui stanno ribaltando tutto». Da alcuni mesi vengono infatti accorpate o ripensate intere ripartizioni e direzioni, il che crea anche malumori e insicurezze. La nostra vita si svolge sotto il segno del cambiamento, eppure le innovazioni turbano il nostro quieto vivere e non rilevano subito i loro aspetti positivi. Ogni mutamento ci scuote, obbliga a ripensarci, ci espone a nuove sfide, quindi richiede un aumento di sforzi, realtà alla quale quasi tutti sono allergici.
Dopo due sostanziose relazioni offerte al mattino, nel primo pomeriggio i convenuti si sono suddivisi in una decina di workshop per approfondire temi quali quelli del rapporto con l’utenza e con i dirigenti, del ruolo delle donne, della dimensione etica dei servizi svolti,della gestione del tempo, della necessità di aggiornamento costante, nonché della servant leadership, espressione che potremmo rendere con «autorità svolta con spirito di servizio», quello che sarebbe anche il senso letterale del termine «ministero».
Alla fine dei lavori i coordinatori dei gruppi hanno presentato al plenum i risultati, facendo emergere alcune costanti ricorrenti e importanti. Quasi tutti hanno ribadito la necessità che i processi innovativi siano condivisi, ovvero ragionati e decisi dopo aver sufficientemente preso in considerazione il parere di dirigenti e collaboratori, affinché non si tratti di opzioni calate dall’alto.
Si è poi insistito sulla necessità di trasmettere il senso (inteso sia come significato sia come direzione) di tali cambiamenti, che altrimenti rischiano di risultare poco perspicui e non sostenuti da chi ne è interessato. Ha riscosso unanime consenso la richiesta di tempistiche più calibrate: spesso infatti le riforme vengono ritmate da un timing troppo veloce, senza un’adeguata preparazione e accompagnamento, rischiando perciò di non essere digerite.
Più volte è stato poi ripreso il tema della servant leadership: i funzionari provinciali devono impegnarsi a far sì che tutti i collaboratori siano trattati con rispetto e che questi a loro volta considerino i cittadini come tali e non come sudditi importuni. La prestazione è un fattore quantitativo che non deve offuscare l’esigenza di perseguire anche un livello qualitativo sul posto di lavoro.
Al termine del giro di presentazioni, sono saliti sul palco il presidente Kompatscher e l’assessora al personale Deeg. Hanno svolto alcune considerazioni su quando detto e si sono poi messi a disposizione per le domande che sono giunte numerose, talvolta molto franche o addirittura imbarazzanti. Il governatore non si è sottratto al confronto ma ha espresso con vigore e senso della misura il suo pensiero, sottolineando le chance e i concreti margini di manovra a disposizione della politica nel gestire la pubblica amministrazione. Mi è sembrato preparato e con una marcata capacità di ascolto.
I due aspetti particolarmente apprezzabili del convegno sono stati proprio la franchezza con cui ciascuno ha preso posizione e anche la pratica del bilinguismo reale. Ciascuno parlava nella propria lingua, ma ciò non ha affatto inibito il dialogo. Questo sarebbe il modello che dovrebbe sussistere non solo ai livelli alti dell’ente pubblico ma anche tra gli strati più semplici della nostra popolazione.