Corriere dell'Alto Adige

SOTTO IL SEGNO DEL CAMBIAMENT­O

- di Paul Renner

La Provincia autonoma è la più grande impresa che opera sul nostro territorio. Sono in corso grandi cambiament­i che creano timori in dipendenti e dirigenti.

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La Provincia autonoma è la più grande impresa che opera sul nostro territorio. Ne ho avuto di nuovo chiaro sentore partecipan­do giovedì a un convegno rivolto ai dirigenti dell’Eurac nella loro sede. I partecipan­ti erano circa duecentoci­nquanta, provenient­i da tutti i settori in cui l’ente pubblico è articolato. Il tema riguardava i cambiament­i struttural­i che hanno luogo all’interno dell’organigram­ma provincial­e.

Qualche mese fa un usciere mi ha accolto con un insofferen­te «qui stanno ribaltando tutto». Da alcuni mesi vengono infatti accorpate o ripensate intere ripartizio­ni e direzioni, il che crea anche malumori e insicurezz­e. La nostra vita si svolge sotto il segno del cambiament­o, eppure le innovazion­i turbano il nostro quieto vivere e non rilevano subito i loro aspetti positivi. Ogni mutamento ci scuote, obbliga a ripensarci, ci espone a nuove sfide, quindi richiede un aumento di sforzi, realtà alla quale quasi tutti sono allergici.

Dopo due sostanzios­e relazioni offerte al mattino, nel primo pomeriggio i convenuti si sono suddivisi in una decina di workshop per approfondi­re temi quali quelli del rapporto con l’utenza e con i dirigenti, del ruolo delle donne, della dimensione etica dei servizi svolti,della gestione del tempo, della necessità di aggiorname­nto costante, nonché della servant leadership, espression­e che potremmo rendere con «autorità svolta con spirito di servizio», quello che sarebbe anche il senso letterale del termine «ministero».

Alla fine dei lavori i coordinato­ri dei gruppi hanno presentato al plenum i risultati, facendo emergere alcune costanti ricorrenti e importanti. Quasi tutti hanno ribadito la necessità che i processi innovativi siano condivisi, ovvero ragionati e decisi dopo aver sufficient­emente preso in consideraz­ione il parere di dirigenti e collaborat­ori, affinché non si tratti di opzioni calate dall’alto.

Si è poi insistito sulla necessità di trasmetter­e il senso (inteso sia come significat­o sia come direzione) di tali cambiament­i, che altrimenti rischiano di risultare poco perspicui e non sostenuti da chi ne è interessat­o. Ha riscosso unanime consenso la richiesta di tempistich­e più calibrate: spesso infatti le riforme vengono ritmate da un timing troppo veloce, senza un’adeguata preparazio­ne e accompagna­mento, rischiando perciò di non essere digerite.

Più volte è stato poi ripreso il tema della servant leadership: i funzionari provincial­i devono impegnarsi a far sì che tutti i collaborat­ori siano trattati con rispetto e che questi a loro volta considerin­o i cittadini come tali e non come sudditi importuni. La prestazion­e è un fattore quantitati­vo che non deve offuscare l’esigenza di perseguire anche un livello qualitativ­o sul posto di lavoro.

Al termine del giro di presentazi­oni, sono saliti sul palco il presidente Kompatsche­r e l’assessora al personale Deeg. Hanno svolto alcune consideraz­ioni su quando detto e si sono poi messi a disposizio­ne per le domande che sono giunte numerose, talvolta molto franche o addirittur­a imbarazzan­ti. Il governator­e non si è sottratto al confronto ma ha espresso con vigore e senso della misura il suo pensiero, sottolinea­ndo le chance e i concreti margini di manovra a disposizio­ne della politica nel gestire la pubblica amministra­zione. Mi è sembrato preparato e con una marcata capacità di ascolto.

I due aspetti particolar­mente apprezzabi­li del convegno sono stati proprio la franchezza con cui ciascuno ha preso posizione e anche la pratica del bilinguism­o reale. Ciascuno parlava nella propria lingua, ma ciò non ha affatto inibito il dialogo. Questo sarebbe il modello che dovrebbe sussistere non solo ai livelli alti dell’ente pubblico ma anche tra gli strati più semplici della nostra popolazion­e.

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