Trento non usa i suoi bus a idrogeno: troppe spese Sudtirolo interessato. «Mezzi per i passi dolomitici»
BOLZANO Il Trentino era partito in fuga, tre anni fa, nell’uso di mezzi a idrogeno. Spendendo circa 4,5 milioni di euro, aveva acquistato due minibus ibridi (idrogeno ed elettrico) e realizzato un distributore a Panchià. L’occasione l’avevano fornita le Universiadi del dicembre 2013. Oggi il distributore è stato smantellato, gli autobus giacciono inutilizzati nelle rimesse di Trentino Trasporti e la speranza è di poter cedere i due prototipi all’Alto Adige che, nel frattempo, si è dotato di una flotta a idrogeno e di un distributore. «Se i pullmini migreranno a Bolzano, per Trento sarà una sconfitta» commenta amaro il capogruppo del Pd, Alessio Manica.
A lanciare il cuore oltre l’ostacolo fu Alberto Pacher. Da sempre sostenitore di una mobilità sostenibile, volle cogliere l’ opportunità di una sperimentazione per mezzi a emissioni zero che avrebbero dovuto sostenere le pendenze e il freddo della montagna. Si può dire chela società fornitrice, la Do lo mitech di Villa Agnedo, nacque e si insediò in Valsugana proprio grazie a questa prima commessa. La sperimentazione, come ha ricordato ieri in aula l’assessore Mauro Gilmozzi rispondendo all’ interrogazione di Manica, fu positiva. In pochi mesi, i due bus navetta percorsero oltre 5.000 chilometri con un costo a chilometro di 0,37 euro, «evidentemente inferiore — ha ricordato l’assessore — al costo della trazione tradizionale a diesel».
La parte bella della storia, però, finisce qui. La coraggiosa sperimentazione non era supportata da un piano di sviluppo. Non ci aveva pensato la Provincia trentina e non ci pensò Trentino Trasporti che, per conto di Piazza dante, aveva acquistato i mezzi. «I costi di manutenzione — ha spiegato ieri Gilmozzi in aula — sono troppo elevati, 100.000 euro l’anno per mezzo». Calcolando che un autobus di fascia alta da 50 posti a metano costa circa 180.000 euro, è facile capire perché, dopo qualche mese di sperimentazione, i due mezzi siano stati lasciati nella rimessa di Trentino Trasporti.
Lo stesso motivo per cui, secondo Gilmozzi, non possono essere utilizzati per il trasporto turistico come richiesto dagli amministratori della Valsugana. «Dovrebbero accollarsi anche le spese di manutenzione e non credo sia per loro sostenibile». E allora? «C’è bisogno — ha osservato Gilmozzi — per chi li vende di industrializzare il processo di produzione per abbassare il prezzo e di acquisti diffusi. I costi di manutenzione devono poi essere distribuiti su molti autobus, su vere e proprie flotte». E nel frattempo? «Per non lasciare questi pulmini in garage si potrebbe cederli a Bolzano. Ne abbiamo già parlato con loro e sembrano interessati a inserirli nella loro pro- grammazione per i passi dolomitici. Un’ipotesi potrebbe essere quella di utilizzarli nell’area di Carezza, magari per un collegamento con Canazei». L’alternativa, da costruire, la potrebbe offrire Rovereto. «Questi due mezzi, insieme ad altri 20-30 potrebbero avere costi di manutenzione tollerabili».
Una prospettiva che non entusiasma Manica: «Prendo atto dei problemi di sostenibilità economica, ma è un peccato che il Trentino, partito prima di Bolzano, non abbia sviluppato un piano per la mobilità sostenibile. Se dovremo cedere i mezzi a Bolzano, partita dopo di noi, sarà una sconfitta». Non sembra pensarla poi molto diversamente Gilmozzi, che infatti annuncia «la creazione di un servizio provinciale sulla mobilità. Non possiamo più — dice — ragionare in termini di viabilità come facevamo 30 anni fa».
Il dibattito L’assessore Gilmozzi rimane cauto Manica (Pd): «Per noi sarebbe una sconfitta»