I Verdi: chiarezza sulla par condicio Urzì: nessun abuso
Turk del Comitato per le comunicazioni parla di un «referendum selvaggio» ma dai Verdi al centrodestra si legittimano le urne: era una consultazione
Scatta il dibattito sulle regole sul referendum Benko, dopo che il Comitato per le comunicazioni ha parlato in sostanza di una «par condicio» pubblicitaria violata. I partiti — dai Verdi al centrodestra — si dividono sulla regole da applicare per garantire un’informazione non sbilanciata.
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BOLZANO Un «referendum selvaggio»: così il presidente del comitato provinciale per le comunicazioni, Roland Turk, ha definito la consultazione popolare relativa alla realizzazione del progetto del tycoon austriaco Renè Benko: «Senza regole, le conseguenze sono disastrose», ha dichiarato Turk invocando una legge sulla par condicio. Il pensiero del presidente del comitato è condiviso dalla consigliera provinciale dei Verdi, Brigitte Foppa.
«Lo Statuto comunale prevede che l’interpellanza in questione sia una sorta di sondaggio di opinioni — spiega Foppa — non ha regole, quindi da questo punto di vista, come ha dichiarato il commissario Penta, è vero che sono state rispettate le direttive. Tuttavia è anche vero che le regole bisogna farle a prescindere dalla singola occasione. Nel caso specifico, non essendoci regole a priori, Penta ha scelto come fare questa consultazione, senza termini, quindi senza il rispetto delle regole della par condicio. Quanto accaduto, tuttavia, per noi che stiamo scrivendo la nuova legge proprio sulla par condicio, è un segnale importante, che sottolinea l’importanza di avere delle regole. In questo caso è stato come fare una corsa contro un avversario che ha usato il doping». Foppa non mette tuttavia in dubbio la legittimità del risultato: Nonostante la mancanza di regole — prosegue la consigliera — questo non toglie nulla al fatto che una volta che la decisione presa dagli elettori va rispettata: la lezione serve per imparare la prossima volta».
Il risultato del referendum avrebbe potuto essere diverso in caso di regole precise? «Questo non si può dire — aggiunge Foppa — non dobbiamo partire dal fatto che gli elettori siano facilmente manipolabili, però è importante il rispetto delle regole. La legge sulla par condicio c’è, ma in questo caso si è trattato di una consultazione, di un sondaggio che non sottostà a queste regole. La par condicio per le consultazioni regolari c’è già: Turk parla di referendum “selvaggio” perché non rientrava nelle regole della par condicio. Sono comunque contenta che ci sia un dibattito, la consultazione è stata utile per farci discutere delle buone regole, cosa che un tempo non si faceva. Significa che, in quanto a democrazia, abbiamo fatto un bel passo avanti».
Per Elena Artioli, consigliera del Team Autonomie, il voto si è svolto in maniera assolutamente corretta: «Non si è trattato di un referendum — rimarca — ma di una consultazione popolare: non bisogna confondere le due cose. Non è compito di Turk occuparsi del referendum: la consultazione popolare non prevedeva neppure un quorum, quindi va benissimo la modalità in cui si è svolta. Si parla di pubblicità fatta da “gente con interessi soggettivi”: ma chi è questa gente? Trattandosi di consultazione popolare, io ho il diritto di poter investire i soldi che voglio in una campagna pubblicitaria».
«Alle volte abbiamo avuto la chiara impressione che siano state le regole della par condicio imposta dalla legge a creare le situazioni più paradossali — spiega Alessandro Urzì (Alto Adige nel cuore) — per esempio alle elezioni liste create da tre amici al bar, la settimana prima del voto, senza consenso, senza organizzazione, ottengono paranoicamente lo stesso spazio di partiti che contano milioni di elettori. È giustizia questa? Per questa consultazione, che non era un referendum, in ogni caso tutti hanno avuto la libertà di esprimere la propria opinione. Non capisco dove ci sarebbe stata la limitazione della libertà di espressione. E poi, ci vuole un po’ di coraggio nell’attribuire più intelligenza agli elettori. Il voto a favore sarebbe stato il medesimo anche senza un solo manifesto o volantino. Era chiaro a tutti anche prima della campagna, non lo era solo al partito del no a prescindere».