VOLTI SORRIDENTI E INCONCLUDENTI
Agiochi apparentemente conclusi si può forse cominciare a ragionare con un certo distacco sull’affare Benko. Una vicenda che, comunque se ne giudichino gli esiti, si è trascinata troppo a lungo, finendo per spaccare la città. Le stesse modalità con cui si è svolto il referendum consultivo, che dando voce al «popolo» avrebbe dovuto contribuire a svelenire il clima, hanno finito per sortire l’effetto contrario. Diversi i motivi: la scelta del commissario Penta di concedere il voto a pendolari e sedicenni nonché di prevedere un’inusuale ed eccessiva durata della consultazione (ben una settimana), elementi che secondo alcuni hanno rivelato il desiderio non tanto recondito di favorire il successo di Benko. E poi l’oggettivo sbilanciamento tra le forze in campo, con l’impressionante battage pubblicitario della Signa, dispiegatosi senza che un qualche arbitro istituzionale potesse o volesse intervenire per ristabilire un equilibrio. Per non parlare del ruolo dei mass media, che in qualche caso hanno parteggiato per l’uno o l’altro fronte. Ci vorrà del tempo per ricostruire con precisione la storia di questa vicenda complicata, a cominciare dall’approvazione della legge urbanistica che l’ha resa possibile, legge che oggi tutti dicono di voler modificare. Quello che si può fare subito, invece, è partire dalla fine, dai festeggiamenti dell’altro giorno nello showroom dell’imprenditore austriaco, in pieno centro a Bolzano. Comprensibile l’entusiasmo dell’entourage di Benko, capeggiato dal suo braccio destro, Heinz Peter Hager. Lascia invece a bocca aperta assistere al gioioso sfilare, in quella sede, di un numero ragguardevole di esponenti politici di sinistra, centro e destra, italiani e tedeschi. Tutti entusiasti a festeggiare il loro capitano, Hager, che generosamente concede un brindisi alla claque. Tutti animati da quell’euforia di vittoria che i risultati elettorali ormai non regalano più ai loro partiti. Erano gli stessi politici, gli stessi partiti che pochi mesi fa avrebbero dovuto decidere, per via ordinaria e trasparente, su quel progetto e che non ne sono stati capaci. Di colpo si sono scoperti tutti favorevoli, hanno addirittura messo le mani al portafoglio per pagare di tasca propria manifesti rigorosamente invitanti al «Sì». Ma quel sì non potevano esprimerlo loro direttamente in consiglio comunale? Vedere certi volti euforici mi ha fatto una strana impressione. Una brutta impressione. Era la politica che, sorridendo, mostrava tutta la sua irrilevanza al cospetto di chi conta davvero.