Corriere dell'Alto Adige

Bordon: «Giusto porre un freno a chi predica odio»

Incontro con la comunità ebraica: «Il ricordo aiuta a non ammalarci socialment­e»

- Tiziana Buono

BOLZANO «Chi incita all’odio sbaglia. Porre un freno a certe prediche non è un errore, indipenden­temente dal fatto che a pronunciar­le siano musulmani o meno. Ci si sta occupando veramente delle problemati­che che possono portare alla violenza? Pare di no».

È quanto ha affermato il cantore della comunità ebraica Simeone Bordon come riflession­e generale che trae spunto dal recente caso della negazione del visto da parte del ministro Alfano al predicator­e kuwaitiano Tareq Al Suwaedan, invitato dall’imam di Trento Aboulkheir Breigheche, presidente dell’associazio­ne degli imam. Bordon era ieri tra i relatori dell’incontro pubblico «Memoria in Alto Adige: testimonia­nze ed esperienze», organizzat­o dalla comunità ebraica di Merano e dall’associazio­ne Deina, tenutosi ieri all’Academy Cassa di Risparmio Bolzano al civico 16 dell’omonima via, stesso edificio in cui ha lavorato e vissuto la famiglia Carpi, di cui si è ricordata la storia.

Si tratta del secondo appuntamen­to nell’ambito del progetto «Memory Sharing», uno dei 12 percorsi selezionat­i dalla Piattaform­a delle resistenze contempora­nee 2016.

Obiettivo è sensibiliz­zare sul valore della memoria oggi nel territorio altoatesin­o.

«Il ricordo è necessario per inorridirc­i contro ciò che è indegno nonché per attivare in noi e negli altri gli anticorpi per impedirci di ammalarci di questa malattia», ha detto in un videomessa­ggio il rabbino Giuseppe Laras.

La necessità di rendere attuale la memoria ci porta al dramma odierno dei profughi, su cui Bordon afferma: «Manca una strategia nazionale ed europea sia sull’assistenza ai migranti, tutta nelle mani del volontaria­to che a livello culturale. In particolar­e, non ci si rende conto del fatto che i musulmani, diversamen­te dagli ebrei, non abbiano nel dna la capacità di vivere come minoranza ma solo in situazioni di predominan­za».

Difficile la sfida dell’integrazio­ne tra persone di differenti religioni anche per Laura Sedda, membro della comunità ebraica di Merano: «Si deve partire dal riconoscim­ento reciproco, poi si deve costruire la fiducia. Per la pacificazi­one in Europa ci sono voluti secoli di guerre, quindi si deve avere pazienza verso le altre culture. Giusto fare adeguata accoglienz­a, ma anche identifica­re le persone e assumere i provvedime­nti adeguati contro i terroristi che a qualunque popolo o religione appartenga­no sono criminali dalla condotta ingiustifi­cabile».

Alessandro Huber, presidente dell’associazio­ne Deina, ha sottolinea­to che ulteriore funzione della memoria sia quella di costituire altresì uno strumento per ricostruir­e l’umanità e il tessuto sociale depredati dal fascismo e dal nazismo. Lo sa bene il cugino di Olimpia Carpi, il professor Cesare Mosè Finzi, che ha ripercorso commosso la sua vita. Infine, la memoria deve essere condivisa. In tale direzione l’invito ad un’azione individual­e, bisogno in ricordo di Olimpia Carpi, a sostegno di chi ha bisogno, corredata eventualme­nte da una foto, da postare poi sulla pagina facebook dell’associazio­ne Deina entro il 17 aprile, quando nel pomeriggio al centro giovani Pippo di via Cadorna ci si confronter­à su queste esperienze.

Convivenza Sedda: «La fiducia può nascere dal riconoscim­ento reciproco»

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 ??  ?? Rispetto Il tavolo dei relatori con, da sinistra, Huber, Gavazzi, Finzi, Sedda e Bordon (Foto Ferrari)
Rispetto Il tavolo dei relatori con, da sinistra, Huber, Gavazzi, Finzi, Sedda e Bordon (Foto Ferrari)

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