«Il volo» racconta quelle tredici croci nel cantiere navale
Domani in scena la pièce sul dramma della Mecnavi
Raccontare de Il volo - La ballata dei picchettini, lo spettacolo che andrà in scena domani sera al teatro di Gries (alle 20.30) è un po’ come aprire una «matrioska». Procedendo verso l’interno si scoprono nuove cose, simili a quelle più grandi ma anche molto diverse.
Per non perderci tra i vari passaggi ci siamo fatti aprire questa particolare matrioska da Tahar Lamri, lo scrittore algerino che, insieme a Laura Gambi e Luigi Dadina ha scritto il testo e che, insieme a quest’ultimo salirà sul palco fingendo di tenere una conferenza molto particolare dedicata ad un mese dell’anno: marzo.
Lamri, partiamo dall’inizio. «Il volo» è uno spettacolo sulla tragedia del cantiere della Mecnavi del 1987?
«Non è solo questo e non volevamo impersonare i tredici operai deceduti mentre lavoravano sulla motonave Elisabetta Montanari nel porto di Ravenna. Volevamo raccontare la memoria, l’elaborazione del lutto e quanto sia cambiato il lavoro dal 1987 a oggi. Nel farlo siamo partiti da un altro incidente in cui erano rimasti uccisi, sempre a Ravenna, sempre nel mese di marzo, ma del 1947, altri due operai, Marco Saporetti e Domenico Mazzotti. Entriamo, quindi, in scena come in una conferenza dedicata al mese di marzo. Io, l’intellettuale, spiego a Dadina, che incarna un romagnolo che crede di sapere già tutto, che quegli incidenti apparentemente così lontani non lo sono per nulla. E che se non lo si capisce non si riesce a raccontare nemmeno della Mecnavi, sui cui, ci concentreremo». Perché il titolo «Il volo»? «Si rifà al libro sui desaparecidos di Horacio Verbitsky. Solitamente intendiamo il volo come quello che si spicca dal basso verso l’alto. Nel caso dei morti della Mecnavi, i lavoratori ne hanno compiuto uno dal«Sono l’alto verso il basso, come i desaparecidos lanciati dagli aerei dei militari».
E perché «La ballata dei picchettini?»
«I tredici operai morti erano picchettini, quelli che lavorano nelle viscere della nave. Ballata perché la musica è una componente fondamentale dello spettacolo. Io e Dadina ricostruiamo quanto accaduto in modo giornalistico, il lavoro di introspezione lo fanno i musicisti Francesco Giampaoli e Diego Pasini che sono anche loro al tavolo della conferenza. Sul palco anche un rapper, Lanfranco “Moder” Vicari che si lancia in rap molto particolari, uno, ispirato ad un’omelia di Monsignor Tonini, particolarmente toccante».
E come rientra in tutto questo uno scrittore algerino?
arrivato in Italia pochi giorni prima dell’incidente Mecnavi e da anni discuto e mi confronto con Dadina. Abbiamo sempre pensato di fare qualcosa insieme. Nello spettacolo canterò e proverò a spiegare alcune dinamiche del lavoro di oggi, parlo di Algeri, degli altri porti del Mediterraneo e faccio un discorso di speranza, direi persino di leggerezza. Nel farlo non ho il punto di vista dell’immigrato, ma del nuovo cittadino, di uno che ha vissuto l’emigrazione come progetto individuale e che ha uno sguardo diverso da molti italiani perché proviene da un altro luogo. Perché non abbiamo lo stesso passato, ma avremo lo stesso futuro».
L’autore Non ci fermiamo al caso del 1987: parliamo di stranieri e di speranza, il futuro ci unisce