Perseghin: «Si è giocato sulle paure ambientali Un voto contro la logica»
Pizzinini: sono state diffuse informazioni lacunose
BOLZANO A poche ore dai risultati ufficiali del referendum sull’areoporto aleggia una forte amarezza tra le file del Comitato per il Sì. Carlo Perseghin, insieme a Barbara Pizzinini, concordano nell’affermare che il referendum non andava fatto: «A cosa serve pagare e delegare costantemente rappresentanti politici — domanda retoricamente il presidente — se poi scaricano sui cittadini, inevitabilmente poco competenti in materia, la responsabilità di certe decisioni?». Sulla stessa linea anche Pizzinini: «Sarebbe stato giusto dare un’ultima chance a una struttura per la quale la Provincia ha già investito più di 120 milioni di euro. Mi sarebbe piaciuto vedere il progetto finito, che ecologisti, esperti e operatori turistici si fossero seduti tutti insieme a un tavolo invece di andare avanti a colpi bassi uno contro l’altro». Inevitabile una stoccata agli avversari che ieri mattina, davanti ai palazzi della Provincia, hanno festeggiato la vittoria a suon di clacson: «È vergognoso un simile atteggiamento da parte di tecnici ed esperti — commentano i rappresentanti del Comitato — hanno dimostrato, quantomeno, poco stile».
«Ho appena speso 239 euro per andare e tornare da Roma in treno — ironizza Perseghin che, oltre ad essere presidente del Comitato, lo è anche della sezione bolzanina della Federazione italiana agenti immobiliari (Fiaip) — ma del resto è a questo che si va incontro quando la razionalità si scontra con l’irrazionalità». A prevalere nel corso del referendum, infatti, sarebbero state proprio le paure, «che hanno preso il sopravvento sulle logiche. Sembrava di assistere a una vera e propria guerra di religione, di fronte all’evidenza di dati e numeri che mostravano i vantaggi del sì nessuno voleva ascoltare». Verdetto finale: «Ha vinto la non-politica. Il referendum non andava fatto, non è giusto scaricare la responsabilità su noi cittadini, inevitabilmente poco competenti in materia. Paghiamo e deleghiamo continuamente rappresentanti politici, è giusto che prendano loro, per noi, certe decisioni. Sarà poi compito nostro premiarli o meno in occasione delle elezioni».
Il presidente del Comitato si dice sorpreso del risultato: «Alla luce di quanto accaduto alle elezioni comunali di maggio, finite al ballottaggio, non mi sarei certo aspettato una vittoria del no così schiacciante». Duro poi sui risultati relativi all’affluenza: «Domenica ha votato il 40% degli aventi diritto, solo cioè chi si è schierato per il no. Il restante 60% ha preferito rimanere a casa, pensando che fosse inutile votare per un aeroporto che c’è già. Forse però ai vincitori è sfuggito il fatto che ora la struttura continuerà a funzionare. L’unica cosa che cambierà è la gestione, che passa dalle mani della Provincia, che ha sempre operato per un suo sviluppo “umano”, a quelle di un privato che non si farà certo tante remore a mettere in campo scelte volte a massimizzare gli utili».
Incassa il colpo anche Pizzinini, direttrice della cooperativa sociale Eos: «Il risultato è quello che è e lo si rispetta — commenta — la cosa che dispiace è il modo in cui è stata gestita la cosa, in un modo non molto elegante da parte dei vincitori». Del resto, sostiene, «se è vero che le motivazioni ecologiste di molti di coloro che hanno scelto di votare per il no sono condivisibili, è anche vero che l’eccesso di democrazia a cui abbiamo assistito negli ultimi 10 anni, con i cittadini chiamati continuamente a votare per l’aereoporto, ha fatto sì che molte informazioni andassero perdute o fossero lacunose. I cittadini sono stufi di come è stata portata avanti la questione, con un progetto proseguito a rilento a fronte di investimenti onerosi da parte della mano pubblica». Mano pubblica che, per Pizzinini, era la strada giusta da battere: «Dopo tanti anni e 120 milioni di euro spesi sarebbe stato giusto dare un’ultima chance all’aeroporto, investendo gli ultimi 12 milioni per 5 anni di lavori che fossero effettivamente controllati. Ora la struttura diventerà molto interessante per i privati, l’Alto Adige è un posto sicuro per gli investimenti».
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