NUOVA CULTURA DEL CONFRONTO
Il referendum sull’aeroporto ha avuto un risultato chiaro. Ora è auspicabile che si chiuda il confronto a livello politico, dopo anni di discussioni che hanno diviso la cittadinanza come pochi altri argomenti. Adesso si tratta di vedere come gestire gli effetti della scelta compiuta — a partire dalla società Abd — e chiarire il futuro di chi vi lavora. Sono questioni non rinviabili nel tempo e che rischiano di trascinare la discussione. Basta pensare a chi dovrà gestire la struttura: il pubblico o il privato? Lo scioglimento dalla società pubblica, senza i contributi della Provincia, difficilmente potrà essere evitato. Rimangono comunque numerose questioni aperte e tante le decisioni da prendere, a volte molto spinose.
Va poi valutato l’impatto sugli equilibri politici provinciali. Una sconfitta — anche se in una consultazione popolare — indebolisce comunque chi perde. Il declino di illustri politici come Craxi e Berlusconi è partito da consultazioni popolari, come il referendum sull’acqua bene pubblico. Non dobbiamo poi scordarci la trasversalità degli schieramenti in campo che ha visto l’ Svp divisa. I toni aspri tra esponenti della Stella alpina e il silenzio del Bauernbund, da sempre roccaforte del partito di maggioranza, lasceranno sicuramente qualche strascico negativo. Dipenderà dalla capacità dell’Svp di elaborare e chiudere la falla che si è aperta, anche se sicuramente rimarrà per parecchio tempo la voglia di rivalsa da parte di chi ha perso e che negli equilibri interni conta.
Bisogna anche constatare che il confronto politico ultimamente si anima su tutto. Il dibattito diventa spesso talmente aspro che alla fine si rischia di perdere di vista l’oggetto del contendere. Assistiamo a volte a drammatizzazioni e visioni catastrofiche, che di fronte a un ragionamento minimamente razionale non avrebbero ragione di esistere. Nascono aggregazioni trasversali composte di volta in volta tra soggetti che normalmente nulla hanno in comune dal punto di vista politico e sociale.
I toni aspri — magari pure sopra le righe — hanno la loro radice negli atteggiamenti tradizionali nel mondo di madrelingua tedesca e nei suoi equilibri politici e istituzionali, soprattutto in periferia. In passato, contestare le scelte della classe dirigente era certamente lecito, ma non sempre facile. Il rischio era una certa emarginazione dalla vita sociale del paese e ricevere attacchi verbali anche personali da parte dell’establishment. Essere contrari alla tesi prevalente poteva, in parole povere, indebolire la compattezza politica del gruppo tedesco nei confronti della Stato. Tutto ciò ha represso la discussione su larga scala e la cultura del confronto democratico, particolarmente in periferia. Chi aveva idee diverse spesso le teneva per sé, rifugiandosi in una sorta di conformismo forzato. Con il benessere accresciuto, le voci critiche si sono ulteriormente perse tra le analisi di crescita economica, della massima occupazione e delle classifiche che ci vedevano ai vertici nazionali per la qualità di vita.
Oggi i cittadini non sono più disposti a subire scelte che riguardano le loro condizioni di vita. Vale per la costruzioni di grandi infrastrutture come strade, ferrovie, centri commerciali e, appunto, l’aeroporto. È un’evoluzione nuova e positiva per l’Alto Adige che potrà soltanto far bene al confronto democratico e farci superare lo spirito di servilismo del passato.
Non a caso in molti non credono più nella politica che spesso — per chi vi gravitava attorno — era un binario preferenziale per fare carriera o ottenere dei vantaggi. Nulla di illecito, ma comunque espressione di una cultura del potere che non era adatta alla richiesta di trasparenza da parte dei cittadini sulle scelte compiute.
Adesso serve una nuova cultura del confronto, partendo dall’ascolto e dal rispetto anche delle argomentazioni di chi la pensa diversamente. Abbiamo già troppo populismo in giro per l’Europa, il che non fa ben sperare in futuro. Spero perciò che le discussioni sui temi attuali possano allargare e affinare la nostra cultura del confronto. Altrimenti si rischia ogni volta una sorta «di guerra religiosa», fatta di strumentalizzazioni e paure, anche irrazionali.
Ascoltare, ragionare e discutere sono gli ingredienti del dibattito democratico. Partecipare, valutare e votare in maniera consapevole è il compito dei cittadini. La via è tracciata, ora spetta a ognuno di noi proseguire su questa strada, anche per contrastare la disaffezione alla politica, il vero terreno sul quale proliferano il populismo e le forze antidemocratiche.