Ipes, Grando fa ricorso «Le intercettazioni possono scagionarmi»
L’ex dirigente dell’Ipes, Stefano Grando, il prossimo 20 ottobre comparirà davanti ai giudici della Corte d’Appello per discutere il ricorso contro la sua condanna a tre anni di reclusione per i fatti relativi a episodi di corruzione. Secondo l’avvocato Riccardo Di Bella, sarebbero state però «ignorate delle intercettazioni che potrebbero scagionare Grando».
BOLZANO La ricostruzione dei fatti relativi alla corruzione all’Ipes, così come effettuata dal Tribunale e culminata nel giugno 2015 con la condanna dell’ex dipendente Stefano Grando a tre anni di reclusione, «appare coerente e logica solo perché non tiene conto, ignorandoli, di alcuni elementi difensivi in contrasto con la tesi accusatoria accolta in sentenza». A sostenerlo è l’avvocato Riccardo Di Bella, difensore di Stefano Grando, che il prossimo 20 ottobre comparirà davanti ai giudici della Corte d’Appello per discutere il ricorso contro la condanna dell’ex dirigente del Centro Servizi all’inquilinato. Al centro dell’atto di accusa di Grando finisce nuovamente l’ex collega Peter Kritzinger, che fin dalle prime battute dell’indagine collaborò e chiuse la propria posizione con il patteggiamento a un anno e mezzo per corruzione, truffa e peculato.
Sulla base di «intercettazioni ambientali e telefoniche, accertamenti bancari, testimonianze e ricostruzione dei fatti» che secondo Di Bella sono stati completamente ignorati sia dal pubblico ministero che dal tribunale durante il processo di primo grado, innanzitutto non è possibile «ritenere l’imputato colpevole ogni ragionevole dubbio», e in secondo luogo «si vuole dimostrare come fosse di tutta evidenza che Kritzinger operasse all’insaputa di Grando utilizzando, però, il suo nome e facendo credere di agire su disposizione ne di quest’ultimo» spiega Di Bella. Oltre ad affrontare il tema dei ruoli di Kritzinger e Grando, con intercettazioni che configurano Kritzinger come il vero potente — «Io penso che Kritzinger fosse quello che comandava tutti» ha affermato l’imprenditore Mirco Moser — l’appello analizza anche il fronte economico dell’indagine. Si rileva come Kritzinger disponesse «e dispone tutt’oggi perché non sono stati sequestrati, di oltre 417.000 euro, mentre Grando disponeva (e non dispone più perché gli sono stati sequestrati) solo di 4.000 euro».
Sull’episodio della dazione di 5.000 euro da parte dell’imprenditore Alessandro Zerbini, secondo Di Bella «l’interpretazione dei fatti proposta dal pm e accolta dal Tribunale è illogica. Perché mai Grando se avesse avuto intenzione di accettare i 5.000 euro di Zerbini già pronti e imbustati avrebbe dovuto preferire la situazio- più pericolosa rispetto a quella di riceverli tramite Kritizinger? Sarebbe il primo caso nella storia della corruzione in cui una mazzetta viene respinta perché non segue la procedura di consegna prevista». Sulla base di queste argomentazioni dunque l’avvocato di Grando chiede l’assoluzione o il riconoscimento delle attenuanti generiche e la riduzione della pena al minimo edittale.
I conti correnti «Dal punto di vista economico è di tutta evidenza che era Kritzinger a decidere»