Divisionismi: da Segantini a Bonazza
Museo Alto Garda Palazzo dei Panni, esposizione complementare al Mart Tiddia indaga l’altra faccia del puntinismo: «Ritratti silenti e forme solide»
Italia Bertotti, le mani giunte, l’espressione algida, ci sta di fronte e ci guarda. La posa è ieratica, l’atmosfera congelata, la figura è incantata, quasi magica. A comporla punti fittamente colorati, colori puri accostati uno accanto all’altro sulla tela, che tracciano di questa fanciulla d’altri tempi – siamo a Trento, è il 1923 – un ritratto statico, eppure incredibilmente penetrante. Ecco, è in questa declinazione rarefatta e quasi metafisica che si ramifica il Divisionismo in Italia sulle tele di quei pittori che non scelgono la strada futurista. Le loro opere saranno esposte a Palazzo dei Panni ad Arco a partire da domenica e fino al 16 ottobre in una mostra, curata da Alessandra Tiddia del Mart, che intende indagare i nuovi rapporti compositivi e stilistici introdotti a suo tempo dalla rivoluzione divisionista e simboleggiati proprio dall’opera di Luigi Bonazza, scelta come immagine «copertina» della rassegna.
«Divisionismi dopo il Divisionismo. La pittura divisa da Segantini a Bonazza» verrà inaugurata sabato alle 18 nell’ambito del progetto espositivo e di ricerca «Segantini e Arco», un percorso di collaborazione avviato nel 2013 fra Museo Alto Garda e Mart per approfondire lo studio sull’artista nato ad Arco nel 1858. Questa nuova esposizione inoltre, allestita accanto agli spazi permanenti dedicati al pittore, intende collegarsi all’altrettanto imminente mostra prossima ad aprire i battenti al Mart (Corriere del Trentino di sabato): a Rovereto «I pittori della luce» indaga una delle evoluzioni italiane del Divisionismo a partire proprio dalle opere di Segantini, in un percorso ricco di variazioni sia nei temi sia nelle modalità espressive che affida alla luce un ruolo da protagonista, un valore nuovo e assolutamente attualizzante. Una strada che viene intrapresa dai pittori futuristi: «La maggior parte di loro — spiega Tiddia, coordinatrice scientifica di “Segantini e Arco” — da Balla a Boccioni a Severini, prima scompongono in punti di colore, poi dinamizzano». Insomma, prima divisionisti, poi futuristi.
La rassegna di Arco, invece, grazie alla collaborazione del museo Revoltella di Trieste e dei Musei civici di Udine, ai prestiti da collezioni private e a opere conservate normalmente al Mart, verifica un’altra estensione della poetica divisionista, «quella più prossima alle rarefatte atmosfere delle opere del Novecento italiano — sottolinea Tiddia — dove la pittura divisa rende silenti i ritratti e solidifica plasticamente la forma, anziché dinamizzarla e scomporla». Opere di artisti legati all’area trentina in primis, ma non solo, realizzate in un arco temporale molto ampio, che da Segantini arriva a Bonazza, dunque agli anni Quaranta, lontani cronologicamente dal Divisionismo storico (che si colloca nell’ultimo ventennio dell’Ottocento). Tele di maestri dell’arte italiana del Novecento, come Felice Casorati, ma anche di figure ancora poco note, come il triestino Vito Timmel o il goriziano Antonio Camaur.
La diversità degli esiti formali, sempre secondo Tiddia, è dovuta da un lato all’ «eterogeneità costitutiva del Divisionismo, che non assunse mai la compattezza teorica di movimento programmatico» (fu un «insieme sincronico di esperienze diverse, accomunate dalla ricerca di una maggiore luminosità, che si estese in Francia, in Belgio e in Italia»), dall’altro ai «diversi momenti di diffusione e ricezione»: all’impossibilità italiana di avvicinare direttamente la pittura puntinista fino all’inizio del Novecento, si aggiungeva l’iniziale diffidenza della critica, che parlava della tecnica divisa come di «un grossolano aspetto di tappezzeria e di ricamo a perline di vetro» (Vittorio Pica su Il Marzocco nel 1895).
Già quattro anni prima, tuttavia, alla Prima Triennale di Brera avevano fatto il loro esordio ufficiale sulla scena espositiva nazionale le prime opere divisioniste italiane con protagonista Segantini. Il disegno de L’arcolaio e il dipinto L’ora mesta, dell’anno seguente, sono accostate nella mostra di Arco, esempi di accurata indagine sul rapporto fra luce e spazio. Nell’evoluzione del percorso divisionista trovano spazio a Palazzo dei Panni anche gli esordi di Tullio Garbari e Benvenuto Disertori, per il quale l’accostamento di segni uno accanto all’altro è passaggio propedeutico alla pratica incisoria. Ma anche Casorati si rivela «insospettabile divisionista degli anni Dieci». Nelle opere del trentino Bonazza, del triestino Timmel, del goriziano Camaur, vissuti o formatisi nella Vienna secessionista, si rintraccia invece l’eco delle composizioni klimtiane. Presenti in mostra anche opere di Leonardo Dudreville, che poi intraprese la strada futurista, e Teodoro Wolf Ferrari, fondatore del gruppo «L’Aratro».