SCHWAZER, IL NUOVO SCANDALO TRA SBIGOTTIMENTO E SPERANZA
La speranza, in un certo senso, è che abbia torto la l’Agenzia mondiale anti-doping e che si sia trattato davvero di un errore scientifico. Perché alla redenzione di Schwazer ci avevamo creduto un po’ tutti. Le sue lacrime di pentimento ci erano sembrate in fin dei conti genuine, e il fatto che ad affiancarlo ci fosse un paladino dell’antidoping come Donati aveva messo un po’ tutti con l’anima in pace. Più facile dare fiducia forse, più difficile pensare che sia tutto marcio e irrecuperabile. L’ipotesi di una sorta di complotto, avanzata dai legali dello sportivo e dal suo preparatore, lascia un po’ perplessi. C’è però da chiedersi come mai tutti i controlli da gennaio a oggi abbiano sempre dato esito negativo, incluso il primo riscontro sul campione di sangue ora incriminato. Una debolezza del momento? Un errore medico-scientifico? Schwazer promette battaglia: c’è da sperare che alla fine la spunti lui, altrimenti temo che il credito di fiducia di cui ha goduto sino a oggi svanirà bruscamente, insieme alla sua carriera. C’è ancora qualcuno senza macchia a quei livelli di agonismo? Ha ragione Federica Pellegrini quando chiede la radiazione a vita al primo errore? Caro Vincenzi, a sua speranza è anche la mia. Errore tecnico o magari anche una sorta di trappolone — come sospetta Donati — l’importante è che la verità salti fuori subito. Ma nel caso del «complotto» dubito
Lche possa accadere, perché chi gestisce simili vicende è di solito accortissimo nel nascondersi. Le confesso anch’io la mia incredulità di fronte al nuovo caso che ha coinvolto Schwazer. Mi restano addosso tutti i possibili dubbi anche perché l’atleta nostrano si è fatto affiancare da subito proprio da una persona come Donati che della lotta al doping ha fatto una ragione di vita. Per il resto voglio continuare a credere — anzi, ne sono convinto — che anche a questi livelli di agonismo ci sia ancora qualcuno senza macchia, come scrive lei: perciò avevo apprezzato il nuovo impegno di Schwazer. Soprattutto mentre a livello mondiale l’intera l’atletica russa è stata escusa dalle Olimpiadi proprio per doping «di Stato», il vero cancro dello sport.
Per quanto riguarda la sua ultima domanda, citando Federica Pellegrini posso solo dire che attualmente sono queste le regole: chi è ritenuto colpevole viene penalizzato secondo la gravità della colpa restando «fuori» dal mondo dello sport per un determinato periodo, come puntualmente era successo a Schwazer. La ritengo una regola sensata, perché non credo nelle condanne senza possibilità di riscatto: sono sostanzialmente disumane, delle pene capitali. Certo, se c’è chi continua a doparsi dopo la prima condanna, allora può aver senso — anche sotto il punto di vista educativo — un’esclusione a vita dal mondo dello sport. Teniamo poi conto che per gli atleti — visto che oltre i 40 anni (e anche prima) nessuno può più essere competitivo ad altissimo livello — anche una squalifica di qualche anno può equivalere a una condanna a vita.