Antonia: montagna e poesia
Campiglio Una giornata dedicata a Pozzi morta a 26 anni Letture, escursioni e la proiezione del film sulla sua vita
di «N on monti, anime di monti sono/ queste pallide guglie, irrigidite/ in volontà d’ascesa. E noi strisciamo/ sull’ignota fermezza: a palmo a palmo,/ con l’arcuata tensione delle dita,/ con la piatta aderenza delle membra/ guadagniamo la roccia».
«Campiglio è un centro delizioso di comode passeggiate in pineta: ve ne sono moltissime, tutte variegate, per andare a malghe e a laghetti […] Io ho fatto la mia prima ascensione di roccia […] E, credi, la montagna è una palestra insuperabile per l’anima e per il corpo».
Alcuni versi da Dolomiti, la poesia scritta il 13 agosto 1929, quando è appena diciassettenne, ripresi pochi giorni dopo in una lettera alla nonna materna: ci sembra che l’«anima», con le sue fragilità e contraddizioni, costituisca la via che conduce ad Antonia Pozzi. Da un lato la sua anima incline alla melanconia, dall’altro la «fermezza» della montagna, che le è però «ignota». Quella «palestra insuperabile per l’anima e per il corpo» non le basterà, infatti, a costruire un equilibrio interiore duraturo.
Nata a Milano nel 1912 da famiglia agiata, a soli 26 anni — e per questa sua giovane età nel prosieguo ci sentiamo di chiamarla semplicemente Antonia — viene trovata in fin di vita presso l’abbazia di Chiaravalle, imbottita di barbiturici. È la sera del 3 dicembre 1938. Lascia un breve testamento: «Papà e mamma, carissimi, non mai tanto cari come oggi, voi dovete pensare che questo è il meglio. Ho tanto sofferto. […] Deve essere qualcosa di nascosto nella mia natura, un male dei nervi che mi toglie ogni forza di resistenza e mi impedisce di vedere equilibrate le cose della vita».
Ma riprendiamo da quel 13 agosto 1929 a Madonna di Campiglio e facciamo un salto al prossimo 13 agosto, stesso luogo: il festival Mistero
dei Monti quel giorno sarà dedicato a «Sua Altezza la poesia»: Un giorno con Antonia. La rassegna — in programma dal 6 al 20, organizzata dall’Apt Madonna di Campiglio, Pinzolo, Val Rendena, ideata e curata da Roberta Bonazza e Giacomo Bonazza — è intitolata quest’anno Vostre altezze.
Si partirà con le guide alpine di Madonna di Campiglio ricordando la prima scalata di Antonia al Castelletto Inferiore, per proseguire alle 10 al Giardino con Le altissime parole della giovinezza, un’esperienza di cammino e di scrittura per ragazzi e ragazze in collaborazione con il Premio Itas. Alle 17.30, poi, presso la Sala della
cultura Marco Dalla Torre, prendendo spunto dal suo Antonia Pozzi e la montagna (Ancora, 2009) interverrà su Antonia Pozzi in Brenta
dentro la montagna, introduzione di Augusto Golin, letture di Mariarosa Raffaelli. L’omaggio si concluderà alle 21, stesso luogo, con la proiezione di Antonia di Ferdinando Cito Filomarino.
Dalla Torre, come si dipana in Antonia il dialogo tra poesia e montagna?
«L’unione di queste sue due grandi passioni mi ha molto colpito. La frequenza con cui ricorre al tema della montagna è abbastanza inedito; tra i poeti “alti” della letteratura italiana forse nessuno come lei ha tratto tanta ispirazione dall’ambiente alpino, e non solo contemplativa.
Ha affrontato infatti il ghiaccio delle Alpi occidentali le Dolomiti, le Alpi Centrali, praticava lo sci alpinismo, frequentava “uomini della montagna” quali Oliviero Gasperi a Madonna di Campiglio ed Emilio Comici al quale, cosa unica nel suo canzoniere, ha dedicato due poesie». Quali sono le principali imprese che riguardano la montagna in quegli anni?
«Siamo ne periodo della cosiddetta “battaglia del sesto grado” che inizia verso il ’25 e che, dato il contesto storico, si trasforma in una questione nazionalistica. Sono anni in cui sul Corriere della Sera si dedicavano pagine intere alla scoperta di una via nuova, con l’utilizzo di un lessico bellicista, nutrito di espressioni quali “lotta con l’alpe” e “conquista della vetta”. Il rapporto di Antonia con la montagna, però, è molto diverso. Lei non lascia, ad esempio, alcuna relazione delle sue salite, non sappiamo quasi mai quale via segua per arrivare in cima. Nell’epoca delle grandi pareti, non è interessata a dare un’immagine pubblica di sé come alpinista».
Al tempo, le donne scalatrici però non erano molte, la differenza non può derivare da questo?
«In realtà proprio in quegli anni ci sono in Italia tre alpiniste fortissime, Ninì Pietrasanta, Mary Varale, Paula Wiesinger. Antonia è una ragazza emancipata, si iscrive all’università, gioca a tennis, guida, fuma, viaggia. Avrebbe potuto frequentare i salotti della Milano bene, ma preferisce immergersi nella natura, alla ricerca di un equilibrio e di silenzio. È memorabile il passaggio di una lettera in cui racconta di aver assistito all’ascensione di Comici della parete Nord della Cima Piccola di Lavaredo: “Se potessi sempre ricordarmi di quell’ora, la vita sarebbe una vittoria continua”».