Corriere dell'Alto Adige

Castel Tirolo, ecco Höllrig

Oggi il vernissage. In mostra sculture, disegni e incisioni

- Gc. Ric.

Si proietta fino al prossimo 27 agosto la mostra «Michael Höllrigl. Scultore, disegnator­e, incisore» che si inaugura oggi pomeriggio al museo provincial­e di Castel Tirolo, la maggiore realtà storico-culturale della provincia altoatesin­a. Ed è un peccato che la stessa struttura resterà chiusa dal l’11 dicembre al 15 marzo 2017, sia pure per lavori ormai inderogabi­li.

Il protagonis­ta dell’allestimen­to, che si intreccia con altre iniziative autunnale di Castel Tirolo (a conferma di una attività espositiva intensa e fervida), è uno degli artisti più amati, non solo nel suo territorio d’origine e di lavoro. «Sul finire degli anni Settanta del secolo scorso, probabilme­nte nel 1967, il giovane studente di scultura Michael Höllrigl fa la conoscenza dello scultore danese Robert Jacobsen nel corso di una mostra di semestre accademico della Akademie der Bildenden Künste (Accademia di belle arti, ndr) di Monaco di Baviera — scrivono infatti i curatori nel bel catalogo della mostra - Höllrigl è allievo della classe di Georg Brenninger e Jacobsen, che negli anni Cinquanta e Sessanta era uno dei maggiori esponenti della scultura in metallo d’Europa e nel 1966 era stato premiato alla Biennale di Venezia, non conosce i suoi lavori. L’incontro è fugace e si limita ad uno scambio verbale di una sola frase. “Quando vedo la Sua testa, io vedo i Suoi lavori”, dice l‘artista danese a Höllrigl».

A che cosa avrà voluto alludere? Al sapere degli scultori? Al modo in cui uno scultore guarda un altro scultore? La visuale che ritorna dall’opera alla persona dell’artista è stata ampiamente trattata dalla storia dell’arte fino agli angoli più reconditi delle biografie e nulla è più diffuso di quel desiderio di carpire una porzione di soggettivi­tà dell’artista attraverso un’opera: non è certo un caso infatti se si parla di «un Picasso», «un Richter» o «un Giacometti». A Jacobsen è sufficient­e invece un‘occhiata alla testa di Höllrigl per riconoscer­ne l‘impronta artistica.

La vicenda è stupefacen­te non soltanto perché Jacobsen si mostra convinto di essere in grado di decifrare l’atto artistico di Michael Höllrigl dalla sua fisionomia, ma lo è proprio perché coglie nel segno.

Per tutta la sua vita d’artista Höllrigl si è confrontat­o, sia come scultore, sia come disegnator­e e incisore, con il corpo umano come elemento esistenzia­le del nostro essere nel mondo che non può essere aggirato. L’intera sua produzione di disegni e sculture indaga i contorni del corpo umano. Perfino quando traccia un arco astratto su un foglio, si intuisce la figura umana che è sottesa.

«Con fermezza, ossia in una condizione di perseveran­za e indipenden­za costanteme­nte pervasa da dubbi — proseguono le note critiche del catalogo — ha creato un‘opera il cui filo conduttore è la questione della fragilità dell’esistenza, della caducità della natura e dell’essere umano. Si tratta di questioni senza risposta che egli persegue per tutta la sua vita». Appunto.

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Luci e ombre Su una delle opere che si potranno ammirare fino al prossimo agosto a Castel Tirolo

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