TOPONIMI, QUESTIONE IRRISOLTA DAI TEMPI DI SILVIUS MAGNAGO
Leggo nell’articolo sui toponimi, comparso giovedì sul Corriere dell’Alto Adige, che nelle ultime settimane una forte pressione viene esercitata sul governo e sulla Commissione dei Sei. Ciò ha determinato un secondo rinvio della riunione della commissione provinciale che doveva discutere il disegno di legge sulla toponomastica presentato dall’Svp. La scelta da compiere è particolarmente delicata, non solo dal punto di vista storico e politico, ma anche per gli effetti pratici che implica, ad esempio il fatto che molti turisti sono abituati da decenni a nomi italiani di località , monti e malghe e non conoscono — purtroppo — il toponimo tedesco. A mio parere è comunque piuttosto singolare che in Friuli, dove tutti sono ovviamente bilingui, vi siano ovunque indicazioni e cartelli in italiano e friulano, mentre in Sudtirolo, che sino a prova contraria fa parte della Repubblica italiana, si voglia combattere pertinacemente una battaglia storico-politica del genere. Mi chiedo: dov’è andato a finire il proverbiale buon senso negli odierni eredi di quel grande e saggio leader sudtirolese che fu Silvius Magnago? Carlo Tincani, VELTURNO
Caro Tincani,
Le due situazioni — Friuli e provincia di Bolzano — sono per mille e una ragione, a partire da quelle storiche e politiche, decisamente differenti e non paragonabili. Rimane il problema della conoscenza e dell’uso pratico dei toponimi, anche da parte dei turisti, che lei cita e che ha anche una valenza di sicurezza per chi, ad esempio, va in montagna. L’uso concreto da parte delle diverse popolazioni locali dovrebbe così essere — a quanto pare da quanto si è appreso dai lavori della Commissione dei Sei — il criterio guida per tentare di risolvere finalmente la questione.
Riguardo il «proverbiale buon senso» di cui lei scrive a proposito di Silvius Magnago, le ricordo che nella sua lunga epoca alla presidenza della Provincia la questione non venne mai affrontata con rigore — e di certo non risolta — anche perché le posizioni sudtirolesi (pur accettando lo Statuto) erano assolutamente intransigenti, con una volontà di cancellazione della grandissima parte della toponomastica italiana introdotta da Tolomei. Si lasciò tutto com’era in fatto di toponomastica, visto che lo Statuto prevede da parte della Provincia — oltre al bilinguismo — il riconoscimento formale della toponomastica tedesca e la sua reintroduzione accanto a quella italiana.