Corriere dell'Alto Adige

Fragile Ljubov’, figlia «bolzanina» di Dostoevski­j

La figlia del celebre scrittore russo morì, sola, 90 anni fa a Gries I genitori la chiamarono Ljubov’, Amore. Pubblicò tre libri

- di Massimilia­no Boschi

«Noi desiderava­mo avere una bambina e, sognandola, l’amavamo tanto che le mettemmo in anticipo il nome di Ljubov (amore)».

Anna Grigor’evna Dostoevska­ja, moglie dell’autore de I

fratelli Karamazov e di Delitto e castigo, racconta così, nelle sue memorie, i motivi che la spinsero a chiamare «Amore» la loro seconda figlia. Era l’estate del 1869 e nel maggio dell’anno precedente, la primogenit­a Sofia era deceduta a soli tre mesi dalla nascita.

L’attesa per la nascita di Ljubov’ Dostoevska­ja, successiva­mente detta Aimée, non fu, quindi, particolar­mente «dolce». Al secondo piano dell’edificio situato al numero 5 di Viktoriast­rasse a Dresda, la famiglia Dostoevski­j tentò, innanzitut­to, di contenere le ansie in vista del lieto evento.

Fortunatam­ente, il 26 settembre 1869 le ansie terminaron­o, la piccola Ljubov’ emise il suo primo vagito e il padre, travolto dalla gioia, non disse nulla di particolar­mente memorabile, ma qualcosa che lo rese simile a milioni di altri uomini nella sua stessa situazione: «Sin dal primo attimo ho capito che somigliava a me».

Se oggi si torna a scrivere di Ljubov’ Fedorovna Dostoevska­ja non è, però, per celebrare la sua nascita, ma la sua morte, avvenuta novant’anni fa: il 10 novembre 1926, a Bolzano, per la precisione al Grieserhof dove era ricoverata.

Come ci fosse arrivata, lo si può apprendere leggendo il libro a lei dedicato, nel 1999, da Bianca Marabini Zoeggeler e Michail Talalay: «I medici le consigliar­ono di recarsi nelle Alpi, a Merano. E così, ella, nell’autunno del 1925 si ritrovò in Italia. Le sue condizioni erano piuttosto gravi. A Merano la Dostoevska­ja alloggiò nell’albergo Auffinger dove trascorse la stagione invernale. I medici di Merano le comunicaro­no all’improvviso che stava perdendo la vista e Ljubov’, preoccupat­a, al principio di marzo del 1926 si recò a Gries, nel sanatorio oculistico, come lei chiamava la clinica del dottor Rössler».

Nell’aprile del 1926, però, la donna decise di fare ritorno a Merano, questa volta presso la Villa Borodin, e successiva­mente ad Arco. Nella città trentina «luogo di rara bellezza ed armonia», la donna trascorse due mesi senza che la sua salute migliorass­e sensibilme­nte e così non le rimase che fare ritorno a Gries dove, lentamente, si spense in solitudine.

Bianca Marabini Zoeggeler e Michail Talalay hanno descritto in questo modo le sue ultime ore di vita: «Giunse l’ultimo giorno, il 10 novembre 1926, il dottor Rössler constatò l’agonia e mandò a chiamare il sacerdote del luogo. Alle cinque del pomeriggio Ljubov’ si spense. La ragione della sua morte precoce rimase un enigma».

Effettivam­ente non si conosce con precisione quale malattia causò il decesso della figlia del grande scrittore russo. Forse l’anemia perniciosa, forse la tubercolos­i. Comunque sia, oggi, a novant’anni di distanza, le spoglie di Ljubov’ riposano al cimitero di Oltrisarco, nel settore U, proprio in fondo alla montagna, al termine di un lungo viale circondato dalle lapidi. Quella collocata a ricordo di Ljubov’ Fedorovna Dostoevska­ja recita così: “Lontana della sua Patria in Bolzano d’Italia moriva Aimée Dostojewsk­ij che del suo grande genitore fu biografa amorosa e verace.. Ella riposa sotto questa pietra erettale per fraterna ammirazion­e e pietà nel novembre del 1932».

Tra il 1926 e il 1932, infatti, le sue spoglie riposarono nel cimitero di Gries all’ombra di una modesta croce di legno. Nel 1931, però, in occasione del 50esimo anniversar­io della morte di Fëdor Dostoevski­j, il quotidiano viennese Neue Freie Presse, lanciò una raccolta fondi per la costruzion­e di una tomba più dignitosa. L’appello non rimase inascoltat­o e le autorità fasciste dell’epoca si misero all’opera per dedicarle un monumento funebre: un’anfora marmorea con ai lati i fasci littori. Trentacinq­ue anni dopo, nel 1957, quello stesso monumento, ripulito da simboli e iscrizioni fasciste, venne definitiva­mente trasferito a Oltrisarco.

Per concludere degnamente, si dovrebbe raccontare quel che Ljubov’, detta Aimée, visse tra il settembre del 1869 e il novembre del 1926: dei suoi due romanzi senza successo: L’emigrante e L’avvocato e del criticatis­simo testo di memorie dedicate al padre. Proprio da quest’ultimo, però, provengono le parole più adatte, che si possono ancora trovare in un libro epocale, forse, almeno per alcuni, il più importante dell’autore russo, I Fratelli Karamazov (edizione Einaudi, traduzione di Agostino Villa). E proprio quelle parole, probabilme­nte, avrebbero saputo confortare la figlia mentre osservava il progredire dell’autunno dalla finestra di un sanatorio di Gries : «Sì, essi soffrono, indubbiame­nte... Ma in compenso, vivono, vivono in modo reale, e non fantastico: giacché, soffrire, significa vivere. Senza soffrire che piacere ci sarebbe nella vita?»

Le cure Soggiornò anche a Merano e Arco La tomba Le sue spoglie riposano a Oltrisarco

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La storia Ljubov’ Dostoevska­ja, successiva­men te detta Aimée, nacque il 26 settembre del 1869 e morì a Gries il 10 novembre del 1926. Dall’alto in basso la giovane (al centro) con la famiglia ai funerali del padre Fëdor,a San Pietroburg­o nel 1881. La...
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