«Democratici, rappresentanza locale ormai nulla»
Fazzi: in Trentino fine del centrosinistra. Volkspartei, frange tedesche non hanno seguito la linea
BOLZANO Nel giorno dello spoglio, il Trentino scopre d’essere diverso dall’Alto Adige (e viceversa). Il «sì» al referendum costituzionale, in provincia di Trento, si ferma al 45,70% mentre in provincia di Bolzano sfiora i venti punti percentuali in più, toccando il 63,69%. «In entrambi i casi, la chiave di lettura è stata la medesima: “blindiamo l’autonomia”», ricorda Luca Fazzi, docente di sociologia generale. L’esito, tuttavia, è stato diverso. «E segna la fine del centrosinistra di Ugo Rossi». Anche i risultati altoatesini, per Fazzi, non sono poi così netti: «Ci sono frange di lingua tedesca che non hanno seguito l’indicazione
e l’Svp presto dovrà fare i conti con la destra e i Freiheitlichen». Quanto al Pd altoatesino, i dati del capoluogo, rimarca il docente, «confermano la crisi drammatica della rappresentanza provinciale».
Professore, il referendum ha scisso la regione. Considerati i presupposti comuni, per quale ragione l’esito è tanto diverso?
«A Bolzano ha vinto il Sì perché la chiave di lettura del referendum è stata una: ossia la tutela dell’autonomia. Tuttavia, considerata la polarizzazione di gran parte dei media rispetto al potere politico, l’ampia fetta per il No dovrebbe comunque far riflettere. Non è, quindi, un successo enorme. In Trentino, invece, questo è il segnale della fine della coalizione governativa provinciale: Ugo Rossi e il Pd hanno utilizzato le stesse argomentazioni della politica bolzanina, ma a Trento, dove non
esiste la questione etnica, le aspettative sull’autonomia sono strutturalmente diverse. Consensi così bassi sono sintomo di una debolezza drammatica». Arno Kompatscher s’è detto comunque soddisfatto.
«Zeller e Kompatscher hanno un vocabolario vecchio. Il referendum si è giocato sulla blindatura dell’autonomia, ma se guardiamo i risultati in chiave di difesa etnica ci sono frange di lingua tedesca che non hanno seguito l’indicazione, nell’ambito di una partita che è identitaria. Vuol dire che alle prossime elezioni l’Svp dovrà fare i conti con le destre e quel
mondo che, in qualche modo, esprime forme ed esigenze diverse da tutto ciò che oggi rappresenta l’Svp».
Nella città di Bolzano prevale il No, seppur per 99 voti. Più che un risultato netto è uno stallo. Ma prodotto da chi e verso cosa?
«Bolzano paga la crisi drammatica del Pd provinciale, se a Trento è in difficoltà, a Bolzano è praticamente morto, con una capacità di rappresentanza quasi nulla».
Dopo una campagna accesa, con il fronte del No nutrito anche da volti del Pd, quale destino può avere il Partito democratico?
«La scommessa renziana aveva esasperato la funzione del leader e i voti della sinistra pd non si riconoscono più. Il partito è spaccato e negli ultimi due anni ha legato il suo futuro in nome di un successo, quello di Renzi, che non è decollato. Se ci fosse una frantumazione però sarebbe la fine: le basi sociali per costruire un progetto democratico ci sono ancora; gli altri attori al massimo incanalano rabbia, ma non la trasformano in progetto. Però serve una classe dirigente che interpreti il partito in una dimensione inclusiva, non esclusiva».
I due volti della regione Il messaggio era lo stesso ma i risultati sono diversi Senza le visioni etniche, Trento ha altre attese