Scissione La mente asimmetrica delle api
Nel volume scritto da Rogers e Richard emerge la del cervello in tutti gli organismi
Professor Vallortigara, le parti destra e sinistra del cervello svolgono dunque funzioni diverse: una prerogativa solo umana?
«Si tratta di una caratteristica generale che si osserva in una varietà di specie. Quando ero studente prevaleva l’idea che si trattasse di una caratteristica esclusivamente umana, e buona parte della mia carriera scientifica si è incentrata sul dimostrare che in realtà un po’ tutti i vertebrati la posseggono. Questo è ora un dato accettato dalla comunità scientifica, ma la cosa interessante è che negli ultimissimi anni è cominciato a emergere che le asimmetrie del sistema nervoso sono presenti pure negli invertebrati, come gli insetti: sembrerebbe quindi essere un principio di funzionamento generale dei sistemi nervosi, anche di quelli molto semplici».
Come mai cervelli e comportamenti mostrano queste asimmetrie?
«Avere un cervello asimmetrico conferisce almeno tre vantaggi: innanzitutto, mettendo una particolare funzione da una parte e una dall’altra, risparmiamo tessuto nervoso. Nella nostra specie, ad esempio, il linguaggio è governato dall’emisfero sinistro, così il tessuto neurale che “avanza” a destra serve per altre funzioni quali il riconoscimento delle facce. La seconda ragione riguarda il controllo del comportamento, e ci riporta alla storia evolutiva».
Che cosa è accaduto in questo processo?
«Pensiamo, ad esempio, agli animali con gli occhi piazzati ai lati del capo, che letteralmente vedono porzioni diverse del mondo, a un ranocchio che vede a destra una mosca, a sinistra un’altra mosca: non può, come il famoso asino di Buridano, trovarsi nell’incapacità di scegliere, bisogna che una metà del cervello assuma il comando. Infine, avere le funzioni separate nei due emisferi consente di fare due cose simultaneamente, e negli animali lo vediamo molto chiaramente. Pensiamo all’uccello che pascola sul terreno: tipicamente usa l’occhio sinistro, cioè l’emisfero destro, per guardare in alto, difendendosi dai predatori; nello stesso tempo, con l’occhio destro guarda il terreno alla ricerca di cibo».
Perché a livello di gruppo c’è una particolare distribuzione delle asimmetrie, quella che riguarda la netta prevalenza dei destrimani, in primis?
«È un grandissimo enigma, e un interrogativo centrale del libro. Pensiamo, appunto, alla manifestazione più evidente, alla preferenza manuale, tale per cui in tutte le popolazioni umane, ovunque nel mondo, esiste una maggioranza di destrimani e una minoranza di mancini. Come mai? Negli anni scorsi abbiamo elaborato un’ipotesi basata sulla teoria dei giochi: negli sport di tipo interattivo, quali scherma, tennis, pugilato, il destrimane quasi sempre incontra altri destrimani. Molto di rado il confronto avviene con un mancino, e quando ciò accade di primo acchito il destrimane si trova in difficoltà».
Un vantaggio, dunque, essere mancini?
«Se ci fosse un’equidistribuzione, i mancini non avrebbero alcun vantaggio. Durante l’evoluzione è successo che una volta che le asimmetrie si sono allineate in una particolare direzione, le minoranze si sono trovate ad avere un vantaggio in vari ambiti del comportamento, ma questo vantaggio è “dipendente dalla frequenza”, cioè si mantiene fin che questi individui sono pochi».
Ci sono rapporti tra l’asimmetria e alcune patologie di natura cerebrale?
«Il possesso di un normale pattern di asimmetria, cioè lo sviluppo normale del cervello asimmetrico, è importante perché sappiamo che quando ci sono anormalità in tale ambito, esse sono associate con una varietà di condizioni patologiche quali schizofrenia e dislessia: in questi casi si osserva che la lateralizzazione è ridotta o non c’è. Ciò significa che esiste una cooccorrenza, nel senso che tali disordini del neuro sviluppo sono connessi con una ridotta o mancante asimmetria del cervello».