Ragazzo muore, l’incubo droga
Il decesso è avvenuto 48 ore prima del ritrovamento. L’educatore: aveva rabbia dentro
Overdose da eroina: è questa la sospetta causa di morte per un diciassettenne trovato cadavere in un garage di via Renon. La Procura ha disposto l’autopsia, che verrà effettuata domani. La vittima aveva problemi di droga da tempo. Secondo quanto emerso dall’ispezione necroscopica effettuata al momento del ritrovamento, il decesso del ragazzino sarebbe avvenuto almeno 48 ore prima del ritrovamento. Vicino al corpo sono state trovate alcune siringhe, ma al momento non è ancora stato appurato se una di queste sia stata utilizzata dal giovane o se il riparo fosse punto di ritrovo anche di altri tossicodipendenti.
BOLZANO Diciassette anni. Tanti ne aveva il ragazzo trovato morto sabato all’interno di un garage privato in una laterale di via Renon. L’ipotesi più accreditata, al momento, è che si sia trattato di un’overdose. La Procura, che indaga sull’episodio, ha disposto l’autopsia, che verrà effettuata entro domani. Per gli inquirenti, però, si tratta di un «atto dovuto», in quanto la vittima aveva da diversi anni seri problemi di droga, legati soprattutto all’ eroina. Un quadro di estrema solitudine e abbandono.
Il corpo esanime è stato trovato sabato dagli agenti della squadra Volante della questura, coordinati dalla dottoressa Maria Chiara Bacca. Si tratta di un parcheggio privato sito in una traversa di via Renon.
Il cadavere si trovava in un anfratto del sotterraneo, un punto nascosto. La segnalazione sarebbe giunta da una persona che stava effettuando le pulizie all’interno della struttura.
Secondo quanto emerso dall’ispezione necroscopica effettuata al momento del ritrovamento, il decesso del ragazzino sarebbe avvenuto almeno 48 ore prima. Il giovane, in effetti, mancava da casa da alcuni giorni, tanto che la famiglia, preoccupata, aveva sporto denuncia in questura. Stando a quanto risulta, però, proprio a causa dei problemi legati al consumo di sostanze stupefacenti, la vittima era solita assentarsi da casa anche per più giorni senza far avere sue notizie. La polizia ha acquisito le immagini di alcune telecamere di sorveglianza, per verificare se il giovane fosse entrato nel parcheggio da solo o con qualcun altro.
Vicino al corpo del ragazzo sono state trovate alcune siringhe, ma al momento non è ancora stato appurato se una di queste sia stata utilizzata dal giovane o se il riparo fosse punto di ritrovo anche di altri tossicodipendenti. Sarà l’autopsia, con gli esami tossicologici, a determinare quale sia stata esattamente la causa del decesso e quali sostanze avesse assunto il ragazzo.
«Veniva qui ogni tanto, ascoltava musica e in quei momenti sembrava tranquillo. So che aveva una vita difficile e problemi di droga, quando ho saputo della sua morte sono rimasto sconvolto», racconta Diego Baruffaldi, educatore dello spazio giovanile che si trova all’interno delle Einaudi. Una saletta dove i ragazzi possono ritrovarsi per trascorrere dei momenti di svago. «So che sarebbe dovuto andare in comunità, ed ero contento perché forse avrebbe avuto qualche possibilità di recupero, poi ci eravamo rivisti una decina di giorni fa e mi aveva detto che non ci sarebbe più andato, che non voleva. Ci siamo dati un abbraccio e ci siamo salutati. Sono scosso, a quell’età non si può morire per strada. Era un ragazzo buono, probabilmente anche con tanta rabbia dentro, ma buono».
Proprio nei giorni scorsi erano stati forniti gli ultimi dati sul consumo di droga in Alto Adige, che confermavano il ritorno dell’eroina. Negli anni 90 si registravano 20 morti di overdose l’anno, oggi uno ogni due anni.
Il numero di persone che finiscono in ospedale a causa della droga è in aumento: dai 250 casi del 2014 si è passati a oltre 300 nel 2016 a cui vanno aggiunte le 166 persone che si sono rivolte al pronto soccorso.
La droga più «problematica» è proprio l’eroina: nel 2016 i ricoveri sono stati 89. Appena sotto ci sono i barbiturici e sonniferi che hanno causato 87 ospedalizzazioni.
L’educatore Ci eravamo visti una decina di giorni fa Mi aveva detto che non voleva più andare in comunità per curarsi