«Innerhofer, prima vittima del fascismo Va commemorato anche a Trento»
TRENTO «Un modo per riscoprire altri rappresentanti dell’antifascismo, legati alla nostra terra. Franz Innerhofer è stato la prima vittima del fascismo in regione. Ucciso mentre difendeva un suo studente, preso di mira dalle camicie nere». Simone Marchiori, vicesegretario del Patt e membro del direttivo del circolo Gaismayr di Trento, ricorda il maestro elementare morto il 24 aprile 1921 a Bolzano, durante gli scontri fra sudtirolesi e fascisti. Il circolo, per il secondo anno consecutivo, ha promosso una commemorazione in via san Pietro a Trento, a ridosso di piazzetta Gaismayr, nel novantaseiesimo anniversario della scomparsa.
«Durante le manifestazioni avvenute in occasione della Fiera campionaria di Bolzano, nel 1921 — spiegano gli iscritti del circolo — mentre diverse centinaia di persone sfilavano in costume tradizionale, una squadra d’azione fascista, proveniente in gran parte da Verona e agli ordini di Achille Starace, assaltò con armi da fuoco e bombe a mano il corteo in piazza delle Erbe/Obstplatz». I feriti furono diverse decine. Innerhofer, maestro elementare di Marlengo, stava accompagnando i suoi scolari durante una processione tradizionale legata all’evento. Venne ucciso da colpi di arma da fuoco mentre cercava riparo in un portone del vicino palazzo Stillendorf assieme a uno scolaro, nel tentativo di proteggerlo dalle violenze. «In Sudtirolo — spiega Marchiori — viene ricordato con un presidio davanti al palazzo. Noi da due anni abbiamo portato una commemorazione a Trento. Ci sembra giusto ricordarlo anche qui. Il tema di riflessione comprende il mancato rispetto, da parte del movimento totalitario, che allora era nascente, delle identità locali». L’episodio che costò la vita al maestro restò senza colpevoli. L’esercito intervenne in ritardo e si limitò a scortare i fascisti alla stazione.
«Nonostante Luigi Credaro, commissario generale civile della neo istituita Venezia tridentina — proseguono gli iscritti al circolo — e lo stesso Giovanni Giolitti, allora presidente del consiglio, avessero promosso delle indagini, non si arrivò mai a identificare i colpevoli». Due militanti delle squadre d’azione vennero arrestati il giorno degli scontri, ma mai processati. Il giorno delle violenze prese il nome in tedesco di Blutsonntag, domenica di sangue.