Raccontano la passione per la montagna Albere, i mille paesaggi del Cnr
piazza Fiera, raccontando l’essenza di un viaggio fotografico, rappresentato da una serie di scatti unici, accompagnato dai racconti dell’autrice e da un geologo naturalista che aiuterà a comprendere meglio l’origine di un’isola misteriosa. E, sempre dal 27, (inaugurazione alle 17.30, fino al 21 maggio) Torre Mirana, Sala Thun, proporrà un diverso sguardo sul paese ospite con Guido Scarabottolo, viaggio in Islanda, un’esposizione (e un libro edito da La grande illusione) che è il diario non scritto di un viaggio mai compiuto. Il resoconto curioso di un’esplorazione durata otto settimane, «in compagnia di una carta siciliana bellissima, alcuni inchiostri tedeschi piuttosto severi, indisciplinati ma indispensabili pennelli cinesi, un pastello da boscaiolo austriaco, un gessetto francese e un carboncino che dice di venire dal Belgio».
Stesso giorno (inaugurazione alle 17, fino al 14 maggio) presso lo Spazio archeologico del Sass aprirà rifugioPLUS, a cura di Claudio Lamanna, Giovanna Salgarello, Riccardo Giacomelli, in collaborazione con Accademia della Montagna. Il percorso, composto dai modelli plastici realizzati dagli studenti di architettura e composizione architettonica dell’Università di Trento, ha come oggetto i progetti di riqualificazione della Malga Costesin di Sopra.
La prospettiva del Festival si sposterà poi Nell’incanto delle Alpi giulie con le fotografie di Carlo Tavagnutti (27 aprile inaugurazione alle 15 presso il foyer dell’auditorium Santa Chiara, fino al 7 maggio) che racconterà di «una montagna rivissuta con amore antico, una montagna piena di passato e di sogni. (…) la montagna degli alti paesaggi, delle vette dove la sosta è più lunga e meditata, ed il dialogo ha ascolti lenti» (Celso Macor in Volo con l’aquila).
Il 28 l’attenzione è rivolta al Palazzo delle Albere per l’inaugurazione alle 18 di Un paese mille paesaggi. Le montagne d’Italia viste da L’Altro Versante (fino al 16 luglio), con Enrico Brugnoli, direttore del dipartimento Terra e Ambiente del Cnr e gli autori del progetto: i fotografi Maurizio Biancarelli, Bruno D’Amicis, Luciano Gaudenzio e il regista-documentarista Marco Rossitti. A conclusione di tre anni di missioni sul campo, con il materiale fotografico e cinematografico raccolto nelle aree montuose di tutte le venti Fondazione Cassa di Risparmio e alle 15.30 per una passeggiata nel giardino botanico delle Viote sul Bondone. Una montagna sviluppata in un’accezione culturale a tutto tondo quella percorsa da Le otto montagne, che mette in luce la sintonia del romanzo con un pubblico molto più ampio di quello che frequenta la montagna.
Cognetti, sin dalla leggenda nepalese evocata dal titolo, le conoscenze popolari costituiscono una presenza ricorrente nella narrazione. Un patrimonio da non disperdere?
«Nelle persone che abitano la montagna, vedo un legame profondo con il paesaggio, il regioni italiane, L’Altro Versante intende offrire una visione complessiva dell’ambiente naturale italiano.
A Palazzo Lodron, invece, (dal 28 aprile al 7 maggio) si potrà visitare Ex libris delle montagne. Incisori di vette. La mostra è incentrata sulla raccolta di ex libris costituita dall’antiquario bolognese Gastone Mingardi e acquistata nel 2014 dal Museo nazionale della montagna di Torino.
Tra le altre iniziative facciamo menzione di Carlo Sartori: la vita, la natura e il volto (inaugurazione il 26 alle 18.30 presso Palazzo Trentini, fino al 14 maggio) a cura di Gianluigi Rocca, mentre presso Palazzo Roccabruna sarà allestita Etichette dei vini montagna (il 27 aprile, inaugurazione alle 12, fino al 28 bosco, le stagioni, il tempo atmosferico, che viene da una lunghissima conoscenza che noi abbiamo perduto. Intuisco una saggezza antica che si perde a vista d’occhio, e che ha “confidenza” con le vie dell’acqua e della neve, o con il come muoversi in montagna in inverno».
Montagna e bisogno di ascoltarsi dentro: come avviene questo incontro?
«A volte ci si chiede il senso del rito per il quale saliamo boschi e pascoli per raggiungere la quota delle pietraie dove, finalmente, ci sentiamo in una dimensione anche interiore diversa. C’è qualcosa nella montagna che ha a che fare con la fatica, con la solitudine, con il fatto che più si va in alto e più il paesaggio diventa rarefatto. Salendo, tutto sembra diventare più puro. Un’ascesa fisica cui ne corrisponde una, non so se chiamarla “spirituale”, della mente. Quando arriviamo lassù maggio), l’esposizione realizzata dal Museo nazionale della montagna di Torino con le proprie collezioni, che offre un excursus tra prodotti commerciali di diverse epoche e paesi. Immagini di montagne, alpinismo, sci, esplorazioni, regioni polari spiccano sulle etichette e sui contenitori cartacei. La mostra è un percorso ideale che si sviluppa in oltre 150 anni, dalla seconda metà dell’Ottocento fino ai nostri giorni. In piazza Fiera ci sarà invece Migration of the eagle hunter con fotografie Timothy Allen.
Ricordiamo, infine, alcune mostre in corso ma che ben si accordano con lo spirito del festival come Zhdat’: dalle Alpi alla Siberia. Paesaggi di oggi, storie di ieri (1914-1920) presso le Gallerie di Piedicastello e Liquids «Le identità fluide nelle Alpi» (20 aprile — 16 maggio), visitabile presso il Nuovo spazio alpino Sat di via Manci. Il progetto è di Claus Soraperra, con l’Istituto culturale ladino di Vigo di Fassa.
Non puoi mai diventare un montanaro se non lo sei di nascita, se non respiri con i boschi, e allo stesso tempo non sei cittadino se sei andato via da tanti anni. Mi ritrovo in questi destini di perenne ricerca Nel calice Palazzo Lodron, si ammirano le etichette dedicate alle cime prodotte da fine ‘800
ci accompagna la sensazione di esserci purificati di qualcosa».
Nel romanzo il protagonista, al pari del padre, continua a preferire il giro delle «otto montagne» alla verticalità del Sumeru. Perché?
«Si tratta di persone che, in certo senso, rimangono senza casa e senza radici, e io mi riconosco in loro perché sono nato e cresciuto in città, e ora il mio luogo è la montagna della val d’Aosta, ma a nessuno dei due appartengo, in fondo. Non puoi mai, infatti, diventare un montanaro se non lo sei di nascita, e allo stesso tempo non sei cittadino se sei andato via da tanti anni. Mi ritrovo in questi destini di persone che passano la vita in cerca, e ho ammirazione per quelli che sanno qual è il loro posto nel mondo. Sempre che la montagna rappresenti una vocazione, non una prigione».