Corriere dell'Alto Adige

Allarme suicidi: uno a settimana Pycha: essenziali i rapporti sociali

I 15 anni del Telefono Caritas. Moser: anche una sola parola può confortare

- P. P.

BOLZANO Un suicidio a settimana, e ogni giorno un paio di tentativi di togliersi la vita. Dopo alcuni anni di flessione, l’Alto Adige torna prepotente­mente a confrontar­si con il «male di vivere», con un numero di casi nuovamente ben sopra la media nazionale — praticamen­te il doppio — anche se in linea con i Paesi mitteleuro­pei come la Germania. Un fenomeno che in provincia riguarda più la popolazion­e di madrelingu­a tedesca.

A dare un quadro del fenomeno – e di fatto a lanciare un appello affinché si studi maggiormen­te la situazione per cercare di limitarlo – è la Caritas, che rilancia il suo impegno in occasione del quindicesi­mo anniversar­io di attività del suo «Sostegno al telefono»: 95.000 le conversazi­oni effettuate al numero verde 840 000 481 giorno e notte, anche le domeniche e i giorni festivi quando la solitudine si fa sentire con maggiore intensità. Al numero della Caritas arrivano circa 28 telefonate al giorno: la metà delle persone che chiamano ha tra i 40 e i 59 anni. Uno di temi più ricorrenti ovviamente è la solitudine

L’organizzaz­ione propone giovedì prossimo a Bolzano — ore 20 presso l’Academy della Cassa di Risparmio (via Cassa di Risparmio 16) — una conferenza (lingua tedesca) con l’olandese Viktor Staudt che, a causa di un tentato suicidio, ha perso 17 anni fa entrambe le gambe sotto un treno e poi ha scritto un libro per raccontare la sua esperienza.

«Questo sostegno telefonico è reso possibile grazie a più di 80 volontari che si sono preparati affrontand­o una formazione approfondi­ta — racconta la responsabi­le di servizio, Silvia Moser — ogni parola detta conta e questo vale ancora di più per le persone che chiamano annunciand­o di volersi togliere la vita. È l’1% delle chiamate che ci raggiungon­o, 94 casi nel 2016».

Che il suicidio in Alto Adige sia un tema pressante lo conferma anche Roger Pycha, primario del servizio psichiatri­co dell’ospedale di Brunico: «Anche una sola persona morta o a rischio suicidio è già troppo — spiega Pycha — le persone più a rischio sono i malati psichici o chi soffre di dipendenze. Il rischio o aumenta per anziani, persone rimaste sole involontar­iamente come divorziati e vedovi, disoccupat­i, o chi soffre di una malattia incurabile e un periodo di crisi. Oggi però sappiamo cosa può aiutare queste persone: rapporti sociali positivi e una vita piena di progetti che diano senso all’esistenza e siano importanti per il singolo».

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