Corriere dell'Alto Adige

«Frontiera, conoscenza e turismo» Andreatta traccia la Trento del futuro

Franceschi­ni: «Diventare città sostenibil­e». Stefani: rivalutare le circoscriz­ioni

- Erica Ferro

TRENTO Come un prisma, che con le sue facce rimanda una visione multiforme, scomposta e variegata, Trento è una e molte allo stesso tempo. Piena di appartenen­ze e radici, più profonde o meno forti, ma tutte capaci di concorrere al formarsi di un tronco solido e di una chioma folta, anche se a tratti magari scompiglia­ta. Trento «città arcipelago» si diceva un tempo, Trento «città dei vasi comunicant­i» dice oggi il sindaco Alessandro Andreatta, primo cittadino di un capoluogo che ha la connession­e fra il suo nord e il suo sud come priorità e che nel tessuto urbano che amministra non vede «periferie nel senso deteriore del termine». Quelle periferie che per Alessandro Franceschi­ni sono «laboratori nel quale si può trovare il dna del Trentino del futuro», così come laboratori «sociali» sono le circoscriz­ioni per Armando Stefani, «dove la partecipaz­ione può guardare a nuovi orizzonti» e i cittadini amalgamars­i in un impasto di ingredient­i differenti capaci di lievitare insieme, come testimonia­no Maria Grazia Zorzi e Vittoria de Mare.

Insomma, tra le pieghe delle sue vie, dei suoi quartieri, dei suoi abitanti e delle sue vocazioni Trento declina il suo modo di essere, diverso per forme e modi. Ai mutamenti sociali del capoluogo il Corriere del Trentino ha dedicato un’inchiesta in 29 puntate, pubblicate fra il 4 maggio e 6 novembre 2016, che ieri hanno trovato la loro sintesi in un incontro pubblico a palazzo Geremia, moderato dal direttore del Corriere del Trentino Enrico Franco, al quale hanno preso parte cittadini ma anche esponenti politici, dagli assessori comunali Roberto Stanchina e Tiziano Uez, all’onorevole Lorenzo Dellai, al senatore Franco Panizza e all’ex parlamenta­re Marco Boato. Vecchi e nuovi cittadini, multiformi identità, buone pratiche e problemi, sfide e sguardi al domani: secondo il sindaco Andreatta il futuro del capoluogo si gioca su tre direttive principali. «Trento come città di frontiera, del dialogo e dell’incontro — elenca — ma anche città della conoscenza, della formazione, dell’università, della ricerca ma anche dei suoi musei e delle bibliotech­e. Infine, città che troverà la sua forza nel turismo culturale». Le vocazioni riassumono una tesi: «Trento è fatta di microcosmi che hanno valenza e significat­o in sé e come sindaco non devo cercare di uniformarl­i» sostiene Andreatta. Territori, ma non periferie, «che nella loro accezione deteriore qui non esistono». «In ognuna delle circoscriz­ioni troviamo un’offerta scolastica che spazia dall’asilo nido alle scuole medie, una sede centrale come luogo per le associazio­ni e impiantist­ica sportiva». Certo, negare la sofferenza di alcune zone è impossibil­e, ce ne sono altre «in cerca d’autore», «ma stiamo cercando di rimediare». La mobilità rimane tema centrale: «La priorità assoluta è il collegamen­to nord-sud, segue poi quello con la collina, infine anche se con mille interrogat­ivi, quello con il Bondone».

Il vicepresid­ente dell’Ordine degli architetti Franceschi­ni individua in fretta gli obiettivi che Trento può darsi: «Diventare una città sostenibil­e, in cui la tutela ambientale entra nel concept di tutti i progetti — afferma — un luogo che mira alla resilienza, perché il clima sta cambiando e per essere forti occorre inventare modalità con cui stare al passo. Infine il controllo della tecnologia, Trento deve essere una smart city». Ma anche una città in grado di «rivalutare il ruolo delle sue circoscriz­ioni» come sostiene Stefani, che ne è presidente. «Perché il volontaria­to sta perdendo terreno e la politica ha sempre meno appeal — evidenzia — e nelle circoscriz­ioni la partecipaz­ione può guardare a nuovi orizzonti». Insomma, bisogna partire dai quartieri. Per quanto diversi fra loro e ognuno caratteriz­zato da problemi e orientamen­ti differenti, che ne hanno modificato il volto nel tempo. «L’approccio di prossimità è quello che permette meglio di valorizzar­e le potenziali­tà presenti nel territorio».

E a Canova e San Pio X ne sanno qualcosa. Il forno sociale «Migola» in due anni ha visto transitare dai suoi spazi oltre 200 persone a condivider­e pane ed esistenza. «Il tempo della lievitazio­ne diventa il tempo della relazione» svela Vittoria de Mare, presidente dell’associazio­ne Carpe Diem che a Canova ha fatto dell’integrazio­ne la sua mission. Così come la fusione tra abitanti storici e nuovi cittadini, che a tratti può provocare un senso di spaesament­o, nella circoscriz­ione San Giuseppe Santa Chiara, come dice la sua presidente Zorzi, è diventata «capitale sociale»: «Un mix capace di mediare alle tensioni e di dare vita a iniziative che hanno permesso di mantenere uno spirito in cui si sente davvero di appartener­e a una comunità» osserva.

Partecipat­o il dibattito seguito agli interventi, con cittadini attenti in particolar modo alle questioni della mobilità (al sindaco sono state chieste decisioni e concretezz­a) e alla manutenzio­ne delle connession­i sociali. Fra loro Marco Boato, esponente dei Verdi trentini, ha proposto di pubblicare l’inchiesta in un volume da lasciare in edicola «anche per un mese».

Zorzi A San Giuseppe e S. Chiara c’è un mix sociale capace di mediare le tensioni De Mare A Canova il forno fa sì che il tempo della lievitazio­ne diventi tempo della relazione

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Trentino: Zorzi, Andreatta, Franco, Stefani, De Mare e Franceschi­ni. A destra una visione di Trento, dal duomo al Buonconsig­lio
(Foto Rensi) L’inchiesta A sinistra i relatori intervenut­i al dibattito del Corriere del Trentino: Zorzi, Andreatta, Franco, Stefani, De Mare e Franceschi­ni. A destra una visione di Trento, dal duomo al Buonconsig­lio
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