Latterie, sempre meno allevatori
Assemblea 2016, un quadro in chiaroscuro. Cresce la produzione, prezzi stabili L’allarme del presidente Reinalter: «Persi oltre novanta fornitori in dodici mesi»
BOLZANO Oltre novanta allevatori hanno abbandonato la professione nel corso del 2016 in Alto Adige. Colpa di un settore dalle difficoltà crescenti, dalla sovraproduzione di latte che determina il calo dei prezzi di vendita all’incremento della competitività in materia di qualità fra le aziende, unica chiave del successo delle aziende per restare sul mercato. È un grido d’allarme serio quello lanciato ieri dal presidente della Federazione Latterie Joachim Reinhalter nell’ambito dell’assemblea generale 2016 che lo ha riconfermato al timone del sodalizio altoatesino.
Nell’anno che si è appena concluso sono stati 91 gli agricoltori che hanno cessato di produrre latte. A seguito di ciò il numero dei fornitori in provincia si attesta ora a quota 4.795. Il panorama presenta perlopiù aziende di piccola scala, con una media di quindici vacche e una quantità media di latte prodotto pari a 81.000 chili. L’allarme del presidente non riguarda solo il lato economico ma anche quello che riguarda direttamente la vita delle persone.
La costante tendenza al ribasso del numero dei fornitori ha fatto dire ieri al presidente Reinalter che «non si tratta solo di sviluppo economico, ma anche sociale, che spinge sempre più giovani agricoltori ad abbandonare il lavoro troppo intenso della produzione del latte». L’abbandono della professione non è però l’unico problema con cui il settore si trova a fare i conti.
Anche la cessazione del regime Ue delle quote latte e l’aumento delle quantità prodotte continua a mettere in difficoltà i produttori, che si trovano alle prese con una generale sovraproduzione accompagnata dalla conseguente diminuzione dei prezzi. Qui l’Alto Adige si pone però in controtendenza, dal momento che la diminuzione del prezzo al chilo di latte si è attestata sui 49,98 centesimi (62,5 centesimi per il latte bio, 59,54 centesimi per quello di capra, a fronte di una media Ue che si attesta sui 28,46 centesimi al chilo), in calo di un solo centesimo sul prezzo di vendita dello scorso anno. La produzione ha fatto registrare complessivamente un incremento del 3,6 per cento, per una produzione totale di 392,1 milioni di chilogrammi.
L’ancora di salvataggio del mercato lattiero-caseario altoatesino nel 2016 è stato il progetto Sostenibilità, con il quale si stabiliscono le regole del settore e si monitora la gestione delle risorse naturali. «In questo modo rendiamo giustizia non solo alla nostra responsabilità, ai clienti e ai consumatori, ma rafforziamo ulteriormente la nostra immagine positiva nei confronti della grande distribuzione» ha chiarito Reinalter. In questo modo è stato possibile tutelare maggiormente i fornitori altoatesini anche dalle fluttuazioni del mercato. Il dato positivo è che lo sviluppo del settore fa registrare un’evoluzione positiva. «Merito dell’elevata qualità che contraddistingue il latte altoatesino e i suoi derivati, del buon nome delle nostre cooperative fra le catene commerciali e i consumatori e del fatto che la gran parte del latte viene trasformata» ha chiarito Reinalter. A spingere la produzione altoatesina è anche l’export: i prodotti della provincia sono presenti in ben trenta paesi del mondo.
Il timore dei produttori di latte è però che questa tendenza negativa continui. «Potremo mantenere il nostro collaudato sistema solo attraverso l’interazione di agricoltura, politica e società e solo se le prestazioni rese dai nostri agricoltori di montagna continueranno a essere adeguatamente riconosciute» ha rimarcato Reinalter.
Proprio allo scopo di continuare a incentivare i produttori ogni anno la Federazione seleziona il fornitore del miglior latte dell’Alto Adige, che quest’anno è stato Thomas Steger del maso Feldehof, a 1.385 metri di altitudine a San Pietro in Valle Aurina.
L’appello «Solo l’interazione fra agricoltura, politica e società garantisce un futuro sostenibile»