Corriere dell'Alto Adige

«Arrampicat­a e Olimpiadi, spero non cambi nulla»

Il cimber Ondra, in veste di presentato­re, guarda a Tokyo 2020. Manolo: mi piace osservare gli atleti

- Chiara Nicoletti

È una grande festa che rende omaggio all’arrampicat­a sportiva e alla sua entrata ufficiale tra gli sport del medagliere olimpico quella che si è svolta ieri sera all’Auditorium Santa Chiara diretta da Sandro Filippini e capitanata dal fenomeno ceco Adam Ondra, classe 1993.

«Climbing Games. Da Bardonecch­ia 1985 a Tokyo 2020» — seconda delle serate-evento organizzat­e dal Trento Film Festival — ha ripercorso tutte le tappe della storia di questo sport in compagnia di quanti ne hanno segnato i momenti salienti. Ecco allora sul palco, oltre a Ondra — affiancato dall’arrampicat­ore e ballerino verticale francese Antoine Le Menestrel — alcuni grandi come Manolo, pioniere indiscusso dell’arrampicat­a libera; l’americana Lynn Hill (classe 1961, ha vinto 5 edizioni del Rock Master); Jèrôme Meyer, attuale dirigente dell’Internatio­nal federation of sport climbing; i giovanissi­mi fenomeni Sebastian Halenke e Margo Hayes, in rappresent­anza dei successi contempora­nei. Ancora, Igor Koller, il più grande alpinista slovacco, Franco Perlotto, alpinista, viaggiator­e e scrittore e, non da ultimo, Simone Salvagnin, atleta paralimpic­o campione di arrampicat­a sportiva e portavoce della carta Onu dei diritti dei disabili. Insieme a loro Adam è partito da Bardonecch­ia, dove nel 1985 si è svolta la prima competizio­ne di arrampicat­a sportiva internazio­nale, compiendo un percorso che arriva fino al futuro, a Tokyo 2020, riflettend­o sull’evoluzione di questo sport e su quanto, forse, potrebbe cambiare con l’ingresso nell’ambito olimpico. «Spero davvero che non cambi nulla — afferma il giovane campione, ieri nei panni di presentato­re —in particolar­e per ciò che si vive oggi nella comunità di questo sport». Si parla di valori, di comunità, ci si confronta sul concetto di competizio­ne e sull’idea di velocità. «Non ho mai voluto gareggiare — dice Manolo — ma non per questo non amo guardare le gare. Mi piace osservare come gli atleti interpreta­no la parete». C’è molto dietro all’ascesa di una montagna o di una falesia: e incontri come questi, oltre a celebrare uno sport e chi ne ha fatto la storia, ci insegnano anche molto sulla filosofia che lo sottende.

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Dialogo Adam Ondra a Trento. A destra Manolo

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