Corriere dell'Alto Adige

«L’adescatore? Anche padre di famiglia»

Il vicequesto­re Russo: «Informare i ragazzi è fondamenta­le per la prevenzion­e»

- S. V.

Fronteggia­re le azioni illegali condotte attraverso la rete stando al passo dell’evoluzione tecnologic­a e svolgendo anche un servizio di tutela, aderente ai valori costituzio­nali, della libertà in ogni forma di comunicazi­one. È la «missione» della polizia postale, ormai sempre più delle telecomuni­cazioni . Un compito importante ma non sempre facile come spiega il dirigente regionale Sergio Russo, vicequesto­re aggiunto della polizia di Stato.

Riguardo alla pedopornog­rafia online, c’è una recrudesce­nza maggiore del fenomeno in Trentino rispetto all’Alto Adige?

«Svolgiamo indagini attraverso la rete con tutto quello che comporta. Il fenomeno ha trend costanti. Complessiv­amente sono state indagate una decina di persone per detenzione o divulgazio­ne di materiale illecito, ovvero riguardant­e minori. Il Trentino non è né sotto né sopra la media nazionale. Io vengo dall’Emilia e lì i numeri erano più alti».

Qual è l’identikit «dell’orco» che opera dietro la tastiera?

«Gli indagati sono esclusivam­ente uomini. È l’uomo che cerca di agganciare ragazzine o ragazzini, mentre per le donne il fenomeno è abbastanza sconosciut­o. L’età va dai 18 anni, quando inizia la piena perseguibi­lità, fino oltre ai 65 anni. Ci sono anche padri di famiglia».

Dove avvengono gli adescament­i?

«Partono dai social media o dalle chat più in voga tra i giovani. Se una volta era messenger, poi facebook, ora sono instagram, snapchat, kick. I giovani utilizzano la nuova tecnologia e le tendenze criminali si adeguano».

La prevenzion­e e l’informa- zione per minori e genitori contano?

«Sono importanti­ssime: l’attività nelle scuole è uno dei nostri punti di forza. Mi riferisco a uno spettro ampio che considera anche il cyber bullismo. Agli studenti insegniamo che certe frasi sul web non vanno bene, che non è possibile nessuna forma di discrimina­zione: di genere, orientamen­to sessuale, religiosa, etnica. Sul profilo della sicurezza, diciamo loro che certe informazio­ni è meglio non metterle visto che la rete può avere una memoria infinita. Non va demonizzat­a la tecnologia: dipende dall’uso che se ne fa e occorre essere accorti».

Alcuni aspetti della rete, dall’anonimato all’ubiquità territoria­le, complicano il vostro lavoro?

«Il lavoro può avere delle complessit­à, ma vi facciamo fronte grazie all’impegno e alla specializz­azione. Le indagini si stanno sviluppand­o molto sul darkweb, il web che fisicament­e è mescolato a quello in chiaro ma è nascosto, anonimo, non indicizzat­o».

Sui social imperversa la violenza verbale. Ma gli hater possono stare tranquilli?

«Per diffamazio­ne e minacce e istigazion­e all’odio razziale valgono le leggi in vigore. Offendere in strada o in un commento sui social è la stessa cosa. Tuttavia, se in un luogo reale l’accertamen­to è più facile, nella rete non è così scontato. La polizia postale deve identifica­re il soggetto, che magari si nasconde dietro un account di facebook fittizio. Chiede informazio­ni al social network, che ha sede negli Usa ed è soggetto alla legislazio­ne americana, che per questo reato ha una tutela alta, valorizzan­do la libertà di espression­e. Mentre su altri illeciti la collaboraz­ione è forte, per la diffamazio­ne occorre procedere con rogatoria internazio­nale. Questo è un elemento di complessit­à che però non toglie efficacia alle indagini. Per compensare queste difficoltà vengono attuati sistemi di indagine sulle fonti aperte che internet offre e in molti casi si riesce comunque a giungere alla identifica­zione di persone responsabi­li di condotte illecite sui social».

La tecnologia non va demonizzat­a, occorre solo essere accorti Per la diffamazio­ne a volte occorre procedere con rogatorie

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Polizia Sergio Russo (Paternoste­r)

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