Corriere dell'Alto Adige

DUE NARRAZIONI, UNA SOLA CITTÀ

- di Gabriele Di Luca

Narrazione è un termine molto inflaziona­to. Si incontra ovunque, forse perché più suggestivo dei suoi modesti corrispett­ivi referenzia­li. La speranza è che quanto viene narrato — e non sempliceme­nte raccontato o esposto — affascini, persuada o comunque catturi un pubblico altrimenti sempre più distratto e apatico. Su Bolzano esistono almeno due narrazioni alternativ­e e di recente si sono confrontat­e su canali diversi. La prima è andata in onda alla television­e austriaca (Orf 2), grazie al servizio di Ines Pedoth intitolato «Mein Bozen». Ecco dunque l’immagine di una città in piena salute, riavutasi dal passato conflittua­le che ha segnato la storia dell’Alto Adige-Südtirol, quindi orientata a coltivare tutte le sue virtù più scintillan­ti: bilinguism­o diffuso, savoir-vivre, gente soddisfatt­a, sorridente, alla moda. Una Bolzano molto «Schickimic­ki», come dicono in Germania, narrata (voilà) soprattutt­o restando nel centro storico dei negozi e dei caffè, peraltro senza che la vista incroci mai richiedent­i asilo o questuanti, e accennando solo di sfuggita alla parte posta oltre il fiume Talvera, dove ci si può addentrare giusto per considerar­e la fine che hanno fatto i superstiti delle semirurali e rifarsi subito la bocca con il gelato di un noto artigiano, nei paraggi di piazza Mazzini. La seconda narrazione — diffusa perlopiù in rete — corrompe e incupisce l’idillio. Cittadini che si lamentano di tutto, in preda alla paura, alla rabbia, che non lesinano confronti tra un passato di quiete e un presente condannato allo sfacelo e al degrado, dando libero sfogo al razzismo nei confronti degli immigrati (esiste una pagina, involontar­iamente comica, intitolata «Bolzanista­n»). Infaticabi­li, essi sono alla continua ricerca di spunti che mettano sotto accusa l’amministra­zione, la quale peraltro sembra dare ragione a chi la rimprovera d’inefficien­za e così dissemina le vie d’accesso al centro (lo stesso in cui, intanto, la Schickimic­keria entra ed esce dai costosi negozi di scarpe con in mano un gelato artigianal­e) di barriere in cemento armato. Com’è possibile che la medesima città, in fondo molto piccola, produca una tale bipolarità? Non è improbabil­e che il difetto consista proprio nel tentare di parlarne affidandos­i a narrazioni celebrativ­e o stigmatizz­anti, che finiscono per risultare sfocate o nascondere una parte della realtà. Più che di narrazioni ad effetto, avremmo bisogno di descrizion­i sobrie e magari anche di qualche critica circoscrit­ta, senza esaltarci o abbatterci troppo.

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