Passione parkour I salti acrobatici invadono la città
Nato negli anni Ottanta in Francia, il parkour conquista l’Alto Adige «I rischi ci sono sempre, ma ci confrontiamo con i nostri limiti»
Nato negli anni Ottanta in Francia, oggi il parkour conta adepti anche in Alto Adige. Il fotografo Thomas Monsorno li ha ritratti mentre si allenano usando i monumenti bolzanini come palestra.
BOLZANO «L’inizio avviene per gradi, aumentando la complessità man mano che il traceur diventa esperto e la paura diminuisce. Si parte con il safety vault, uno dei volteggi di base, per arrivare con il tempo al dive kong o al turn vault. Perché anche il parkour ha le sue regole da rispettare». Il racconto di René Gamper, classe 1997, restituisce una sensazione piuttosto netta: per capire il valore di questa disciplina occorre spogliarsi degli schemi cognitivi con cui siamo abituati a prendere le misure nel campo dello sport. A cominciare da come nasce la passione e si creano le community dedicate alle acrobazie di quella che gli adepti chiamano «disciplina metropolitana»: principalmente attraverso il web, anche in Alto Adige. «Ho iniziato all’età di quindici anni dopo aver guardato video e immagini su Facebook e sui social. Qui in Venosta (René vive a Tesimo, i suoi amici di Laces e Coldrano n.d.r.) abbiamo creato un gruppo di cinque o sei persone, in Venosta ce n’è un altro ma l’unica community davvero strutturata è la Jestion Academy di Bolzano, che si sta anche attivando per organizzare corsi e allenamenti di gruppo a partire da quest’anno» racconta Gamper, che fa il grafico per un’agenzia di pubblicità. È attraverso il web che René e la sua amica Julia Inderst — di un paio d’anni più giovane di lui e unica donna del gruppo — sono stati contattati dal fotografo bolzanino Thomas Monsorno. «Thomas cercava soggetti particolari per i suoi servizi fotografici e ci ha chiesto di posare per lui mentre ci allenavamo. Non ci abbiamo pensato due volte e il risultato è stato incredibile» riferisce Gamper, ritratto con l’amica mentre volteggia davanti alle architetture più iconiche del capoluogo altoatesino, dalla fontana di piazza Tribunale al monumento alla Vittoria, fino ai profili aguzzi e vetrati del Museion. Ma il parkour non è solo spettacolo e acrobazie. «Una parte importante del lavoro lo fai su te stesso: serve per vincere la paura, che naturalmente c’è sempre, visto che la possibilità di ferirsi esiste ed è concreta. Però attraverso l’allenamento costante e la continua misura dei propri limiti e capacità progredire diventa possibile» conclude Gamper.