«Geniale e severa», ritratto in parole di Pina Bausch
Endicott presenta il suo libro: «Grazie a lei ho permesso a me stessa di essere me stessa»
Ci sono una gentilezza e una grazia in Jo Ann Endicott che vanno oltre la danza. In lei il rapporto intrinseco della danza con la vita reale imposto dall’invenzione del teatrodanza di Pina Bausch, con la quale la danzatrice australiana ha condiviso anni di lavoro nell’innovativo Tanztheater Wuppertal, appare come qualcosa di estremamente naturale. La danza diventa un tutt’uno con la sua vita, dove grazia e rigore si fondono. Jo Ann Endicott sarà presente questa mattina a Rovereto per parlare del suo libro Con Pina Bausch insieme alla giornalista Leonetta Bentivoglio. L’appuntamento è alle ore 11 nella Sala Conferenze del Mart.
Jo Ann Endicott come ha incontrato Pina Bausch, quanti anni aveva?
«Fu nel 1973 al Dance Centre di Londra mentre partecipavo a una classe di balletto classico. Lei aveva 37 anni, era appena stata nominata direttrice del Tanztheater Wuppertal e cercava danzatori. Io avevo 23 anni».
Cosa ricorda di più del vostro primo incontro?
«Suona forse kitsch, eppure fu qualcosa come amore a prima vista. Io ero colpita dalla sua bellezza, dai suoi occhi e il suo sguardo. Le lunghe mani espressive, la sua voce, la scelta delle parole, il suo modo di camminare. Una grande aura. Tutto di lei mi affascinava».
Com’ era la personalità di Pina Bausch?
«Calma, convincente, rassicurante, diretta, onesta, sincera, coraggiosa, forte e potente, unica, brillante, dotata, molto sensibile, possessiva, infaticabile lavoratrice, comprensiva, generosa, severa, estremamente disciplinata, pulita, fanatica, creativa, geniale. Pina Bausch era un po’ di tutto questo e anche di più».
Come l’ha cambiata l’incontro con Pina Bausch?
«Attraverso gli anni di lavoro creativo insieme a lei sono stata in grado di trovare, di sviluppare e di permettere a me stessa di essere me stessa».
Cos’era prima, cosa è stata negli anni con Pina Bausch e cos’è ora la danza per lei?
«Ero una bambina tranquilla e mia madre mi iscrisse a una scuola di danza classica, poi come ballerina nell’Australian Dance Company mi stancai di sentire che dovevo essere come gli altri, ma avevo talento per la danza. Incontrare Pina Bausch fu perfetto, lei mi apprezzava così come ero. Grazie alla sua umanità liberò l’estetica della danza, le permise di fiorire e di prendere diverse forme e direzioni. Al contempo sotto le sue ali i danzatori mantenevano la propria individualità e creatività. Ora ho 67 anni e cerco di trasmettere ai giovani quanto posso della conoscenza e dell’amore per il lavoro di Pina».
Può raccontarci un aneddoto della sua vita professionale con Pina Bausch?
«“Lavora molto e a lungo per qualcosa in cui credi. Non smettere mai”».
Quando ha deciso di scrivere questo libro?
«Non è stata una decisione, piuttosto una necessità per non impazzire dopo la sua scomparsa, mi sentivo persa e incompleta senza di lei».
Lei ha tre figli, qualcuno di loro si dedica alla danza?
«Mio figlio Josef è un appassionato musicista, ma nessuno di loro si occupa o ha a che fare con la danza».
Cosa direbbe a un giovane che volesse diventare danzatore o danzatrice?
«Semplicemente “go for it”: fallo!».