Bambina morta per malaria, doppia inchiesta
Il Nas al S. Chiara. Lorenzin invia gli esperti. Fratellini malati, focus sul bagaglio
Doppia inchiesta per la morte della piccola Sofia, all’ospedale Santa Chiara di Trento per malaria. Il contagio — anche secondo la ministra Lorenzin — sarebbe avvenuto proprio lì.
TRENTO Aveva solo quattro anni la piccola Sofia, una vita davanti sé, un futuro tutto da costruire. Tanti sogni di bambina, che non potrà mai realizzare perché il suo sorriso si è spento per sempre, così, all’improvviso. Un malattia tanto diffusa nei paesi africani quanto rara in Italia, l’ha uccisa in pochi giorni. E ora ci si interroga, perché i dubbi sono molti, si cerca di capire dove è avvenuto il contagio, perché solo dopo lunghi giorni di febbre alta e due dimissioni si è scoperto che Sofia Zago aveva la malaria. Ma era tardi. Quando è stata trasportata all’ospedale di Brescia sabato pomeriggio era già in coma. Non c’è stato nulla da fare e lunedì il suo cuore si è fermato.
Sono tante le domande che in queste ore stanno attanagliando i genitori, la mamma Francesca e il papà Marco, distrutti da un dolore che è difficile anche solo immaginare. «La bimba potrebbe aver contratto la malattia in ospedale a Trento» ha detto la ministra Beatrice Lorenzin, che ha inviato in Trentino gli esperti sia sulla malattia che sulla trasmissione da parte delle zanzare. Lo stesso primario di malattie infettive del S. Chiara, Claudio Paternoster, conferma che il contagio sarebbe avvenuto a Trento. «Si pensava che potesse aver contratto la malattia a Bibione dove era stata in vacanza, in realtà sembra che sia stata contratta nel nostro reparto di pediatria». Lorenzin invita tutti alla cautela, «sono in corso accertamenti» dice, ma nel frattempo si è mossa anche la magistratura. La Procura di Trento ha aperto un’inchiesta per omicidio colposo a carico di ignoti, un atto dovuto da parte del procuratore Marco Gallina per far luce sulla terribile tragedia e nel frattempo anche la pm di Brescia, Erica Battaglia, ha aperto un fascicolo, anche se la competenza sembra radicata a Trento.
Ieri mattina i carabinieri del Nas si sono presentati in Azienda sanitaria e hanno acquisito i documenti cartacei e la cartella clinica della piccola Sofia. Sotto la lente ci sono anche i protocolli ospedalieri per valutare l’applicazione e la correttezza. «Ora stiamo aspettando i documenti dell’ospedale di Portogruaro dove era stata ricoverata una prima volta e poi quelli di Brescia» spiega Gallina. L’Azienda Ulss4 del Veneto si è già resa disponibile a fornire tutto il necessario. La Procura, che ha disposto l’autopsia (sarà eseguita domani), dovrà effettuare una ricostruzione storica che è abbastanza complessa per capire soprattutto dove e come è avvenuto il contagio. Solitamente avviene attraverso la puntura di una zanzara, ma può verificarsi anche attraverso il contatto con il sangue di altre persone infette mediante punture con aghi o trasfusioni. La piccola Sofia era stata ricoverata, tra il 16 e il 21 agosto, nel reparto di pediatria dove erano ricoverati altri due bimbi di 4 e 11 anni del Burkina Faso che avevano contratto la malaria durante un viaggio per far visita ai parenti. Sembra che i due bimbi fossero affetti dallo stesso ceppo, il «plasmodium falciparum», che ha ucciso la piccola Sofia, ma sarebbero stati presi in tempo e ora stanno bene, sono già stati dimessi, così come la loro mamma e il fratello di 17 anni, entrambi ammalati di malaria, dopo il viaggio in Africa. I bambini una settimana dopo il rientro in Italia avevano accusato i primi sintomi ed erano stati portati all’ospedale di Tione, poi trasferiti al S. Chiara. In pediatria c’è una sala gioco comune, in questa area potrebbero essere venuti in contatto i tre bimbi, ma stando alle dichiarazioni dei genitori Sofia non è mai rimasta sola.
La Procura dovrà capire se la bimba è stata infettata attraverso alcuni strumenti, ipotesi, questa, remota, visto che all’ospedale S. Chiara — come precisato — vengono usati strumenti monouso. Ma si lavora anche su un’altra ipotesi, che appare la più probabile: il contagio attraverso la cosiddetta «zanzara in valigia», ossia insetti che si annidano nei bagagli o negli abiti e vengono trasportate durante il viaggio.
I carabinieri stanno cercando di capire quando la famiglia del Burkina Faso è tornata dal viaggio e se il bagaglio portato in ospedale o gli abiti di ricambio siano gli stessi che i piccoli pazienti avevano in viaggio. Sotto la lente ci sono anche i tempi. Sofia era stata dimessa il 31 agosto scorso dal pronto soccorso, due giorni dopo è morta. Purtroppo nessuno, in un primo momento, aveva capito che si trattava di malaria, e questo ritardo sarebbe stato fatale. Individuare la malaria in pazienti che non sono stati all’estero non è un compito facile, ma la Procura dovrà verificare ogni aspetto per capire se ci sono profili di responsabilità.
«Il tema vero — ha poi precisato il procuratore — sono le eventuali complicanze». Bisognerà capire quanto il quadro clinico della piccola Sofia, che era affetta dal diabete di tipo uno, possa aver inciso nel decorso tragico della malattia.