«Una vicenda che non deve allarmare Malaria da valigia o da aeroporto»
Bisoffi: «Un episodio rarissimo e sfortunato. Bambini vulnerabili? Di solito è il contrario»
TRENTO «Criptica. È così che viene chiamata la malaria contratta al di fuori delle aree in cui la malattia è endemica», spiega il dottor Zeno Bisoffi, direttore del Centro per le malattie tropicali dell’ospedale Sacro Cuore Don Calabria di Negrar (Verona). Non si conoscono le cause dell’infezione, né la provenienza del vettore, cioè la zanzara, che l’ha originata; sul contagio è possibile solo formulare ipotesi. Proprio di una forma criptica di malaria, insospettabile al primo manifestarsi dei sintomi, si è spenta a Brescia Sofia Zago (4 anni, di Trento), dopo febbricitanti giorni di via vai tra casa e ospedali, fino alla diagnosi, arrivata sabato: malaria da plasmodium falciparum, tra i parassiti più letali.
Dottor Bisoffi, quali ipotesi si possono fare sulle cause della malaria criptica, contratta dalla piccola Sofia in un paese malaria free come l’Italia?
«Innanzitutto, va specificato che la malaria viene trasmessa per via ematica. Escludendo il contagio per contatto diretto tra individui, che mi pare piuttosto improbabile, le ipotesi plausibili sono due: le cosiddette malaria da valigia e la malaria da aeroporto. Capita che coloro che compiono viaggi in zone in cui la malattia è endemica trasportino, ignari, zanzare Anopheles infette, che una volta scese dall’aereo o uscite dalla valigia continuano a vivere — complici le elevate temperature estive —, rischiando di contagiare. Una casualità che può anche costare la vita, se il parassita portato dalla zanzara è il plasmodium falciparum».
Ci parli del parassita. Quando si manifestano i primi sintomi dell’infezione? Perché è così pericoloso?
«Il falciparum sta in incubazione in media due settimane, ma i sintomi dell’infezione possono manifestarsi anche dopo nove giorni così come venti giorni dopo il contatto. Se non individuato e curato da subito, può causare complicazioni a livello respiratorio, cerebrale (questa è stata all’origine del decesso di Sofia Zago, come ha confermato il Direttore dell’ospedale di Brescia, ndr), o renale; può comportare gravi forme di anemia (comune nei bambini) e, in casi particolarmente gravi, insufficienza multiorgano».
È intuitiva la diagnosi della malaria?
«I sintomi della malattia (febbre alta, brividi, dolori ossei) sono simili a quelli di una comune influenza. Chi tornando da un viaggio in zone endemiche li manifesta è plausibile che abbia contratto il parassita e in ospedale viene fatta la diagnosi tempestivamente. Nei casi in cui non c’è apparentemente motivo di pensare alla malaria, perché non è stato effettuato alcun viaggio in aree critiche, la diagnosi esatta può tardare e l’insorgenza di complicazioni è più probabile».
Il diabete infantile diagnosticato a Sofia il 13 agosto nell’ospedale di Portoguaro potrebbe aver aggravato le sue condizioni?
«Sì. Il diabete è un fattore predisponente all’aggravarsi di malattie infettive come la malaria».
Anche la giovane età della vittima influisce sul progredire della malattia?
«Direi di no. Anzi. Gli adulti, nelle aree endemiche, sono quasi tutti semi-immuni, ma solo perché hanno contratto il parassita in età infantile e sono sopravvissuti. Chi arriva all’età adulta senza esser mai stato infettato, ha un grado di mortalità molto più elevato rispetto a quello dei bambini».
Quali sono i numeri della malaria in Italia?
«Nel 2000, l’anno peggiore, si contarono circa mille casi; di questi, pochissimi furono di malaria criptica (a Negrar non ne abbiamo mai riscontrati). I decessi per malaria sono pochi (1%), ma la maggior parte dovuti proprio ad infezioni criptiche da falciparum e vivax.
Questo caso di malaria è preoccupante? O è isolato?
«L’Italia rimane un paese malaria free. Il caso verificatosi a Trento è un rarissimo e sfortunato episodio di importazione del vettore della malattia. Non deve allarmare».