Di Palma: escludo la trasmissione con aghi del reparto
La direttrice di Pediatria: «Impegnati a verificare i dettagli. Abbiamo agito con prontezza»
TRENTO «Tutto il materiale che viene utilizzato nel reparto è monouso. Dopo ogni iniezione l’ago viene messo nella sua scatola e gettato, per esempio, e il telo viene cambiato ogni volta». Annunziata Di Palma esclude che il contagio della piccola Sofia possa essere avvenuto in seguito a un’operazione compiuta da un medico o un infermiere.
La direttrice del reparto di Pediatria dell’ospedale Santa Chiara di Trento dove la bambina era stata ricoverata prima di essere trasferita d’urgenza al nosocomio di Brescia è toccata da quanto accaduto ma impegnata insieme ai suoi colleghi a «capire le modalità con cui è avvenuto il contagio, se è avvenuto qui», come chiarisce il direttore dell’ospedale Mario Grattarola.
Oltre a escludere che il contatto sia avvenuto attraverso il materiale medico, Di Palma dubita anche altre forme di contatto diretto con sangue infetto. «Sofia era una bambina piccola, aveva paura dell’ospedale e degli aghi, per cui stava sempre con la mamma» spiega la dottoressa, aggiungendo poi che «anche durante gli accertamenti non si staccavano mai». Se qualcosa di significativo fosse successo, insomma, la madre se ne sarebbe accorta. L’«unica possibilità», come ipotizza Di Palma, resta dunque che una zanzara del tipo Anopheles abbia punto un altro soggetto infetto e subito dopo Sofia. Ammesso, chiaramente, che il contagio sia avvenuto nel nosocomio trentino. «Stiamo cercando di ricostruire tutti gli scenari ma siamo assolutamente tranquilli — prosegue la direttrice di Pediatria — Qui la malattia le è stata diagnosticata in meno di un’ora, un tempo ridottissimo. Resta che Sofia la malaria ce l’aveva, e purtroppo ha avuto un esito drammatico». Altri bambini sono stati curati e dimessi «in pochi giorni», fra questi anche i due fratellini tornati con la madre e il fratello più grande dal Burkina Faso pochi giorni prima del ricovero di Sofia. «Si erano rivolti inizialmente all’ospedale di Tione, da cui sono stati trasferiti al Santa Chiara. Qui, nel giro di qualche ora, hanno iniziato la terapia. Resta comunque una coincidenza che ci fa pensare» spiega la dottoressa. I due bambini avrebbero accusato i sintomi della malaria dopo circa una settimana dal loro rientro. «Però non serve per forza recarsi in un Paese dove la zanzara è presente — spiega Di Palma — Può capitare di entrare in contatto con essa anche transitando in un aeroporto».