Corriere dell'Alto Adige

UNO STATUTO DA CONDIVIDER­E

- di Roberto Toniatti

La collaboraz­ione tra Bolzano e Trento per la revisione dello Statuto di autonomia è fuori discussion­e, se non altro perché così prevedono le norme vigenti, dato che tanto sulla proposta di riforma di iniziativa locale quanto sul parere in merito a un documento esterno (di origine governativ­a o parlamenta­re) si deve esprimere il Consiglio regionale. È evidente, peraltro, che la mancata condivisio­ne di una proposta di origine bi-provincial­e porterebbe a un risultato del tutto negativo(ossia nessuna proposta di riforma), ovvero a uno ancora peggiore: un’iniziativa parlamenta­re. Possiamo immaginare di quale tenore quest’ultima potrebbe essere.

Al di là dei profili formali e procedural­i — che pure non sono marginali — conta però la capacità di immaginare, elaborare e concretizz­are in termini normativi una visione desiderabi­le, possibile e probabile dell’autonomia prossima ventura. Si tratta, allora, di individuar­e un terreno di incontro e mediazione circa i contenuti statutari da condivider­e. In proposito, occorre tenere conto del fatto che le forze politiche delle due province — perché non avevano ancora elaborato una propria visione o perché hanno preferito non esporsi direttamen­te alle critiche dei vari populismi, oppure perché genuinamen­te interessat­e a un’ampia consultazi­one dei cittadini — hanno optato per l’attivazion­e di due meccanismi di democrazia partecipat­iva: la Convenzion­e a Bolzano, la Consulta a Trento. Due strumenti con i quali occorre misurarsi, anche per non coprirsi di ridicolo.

In entrambe le esperienze, dunque, la rispettiva società civile sufficient­emente motivata ha avuto modo di esprimersi, proporre, confrontar­si, dibattere. La democrazia partecipat­iva è diversa da quella rappresent­ativa: non ci si conta, ci si confronta. Si è presenti e attivi, o ci si autoesclud­e; si propone e si discute ma non si delibera; si partecipa o si subisce. Rispetto al documento finale della Convenzion­e, a Bolzano si sono registrate opinioni individual­i di dissenso stranament­e definite «relazioni di minoranza». Pure nel documento iniziale della Consulta trentina si è dato sinteticam­ente atto di opinioni e sfumature diverse. In Alto Adige si è registrata la convinta passione per l’autonomia, anche in una prospettiv­a cosmopolit­a ed europea destinata a crescere nel tempo; a Trento sembra per il momento prevalere la tendenza ad accontenta­rsi di un prudente e realistico accomodame­nto.

Inevitabil­e, adesso, porsi l’interrogat­ivo sull’opportunit­à di verifica la propension­e delle due società civili provincial­i a manifestar­e un orientamen­to aperto alla condivisio­ne della visione di uno Statuto riformato. L’onere in tal senso ricade, in realtà, soprattutt­o sulla Consulta trentina, sia perché deve ancora completare la fase partecipat­iva elaborando il proprio documento finale da inviare alle istituzion­i, sia in quanto — salvo ripensamen­ti indotti dalla più recente partecipaz­ione cittadina — ha manifestat­o un convinto patriottis­mo regionale che si dovrà pur concretizz­are in qualcosa (oltre l’unicità dello Statuto, già accolta a Bolzano).

La Convenzion­e ha espresso una visione decisament­e orientata ad andare oltre l’attuale specialità, che negli ultimi anni ha dimostrato la propria fragilità. L’opzione è così caduta su una concezione integrale dell’autonomia, tendenzial­mente inclusiva di tutte le funzioni di governo fatta eccezione per quelle struttural­mente espression­e della sovranità dello Stato.

Si è sollecitat­a la titolarità di competenze esclusive, salvo prevedere la necessità di norme di attuazione per l’effettivo esercizio di talune di esse (come l’ordine pubblico). Si è potenziata l’applicazio­ne del metodo negoziale bilaterale tra gli esecutivi provincial­i e quello statale, anche al fine di prevenire il massiccio contenzios­o costituzio­nale che negli ultimi anni ha inquinato l’esercizio delle funzioni di governo.

La società civile trentina, attraverso la Consulta e utilizzand­o gli spazi di partecipaz­ione ancora disponibil­i, accetta un simile disegno di autonomia integrale? Sarebbe un colossale errore vedere, del documento di Bolzano, soltanto il riferiment­o all’autodeterm­inazione (peraltro condiviso da alcune autorevoli voci trentine, sia pure come extrema ratio) e non (voler) cogliere l’applicabil­ità anche al Trentino di quella stessa forte concezione autonomist­a.

La condivisio­ne della visione di un’autonomia integrale — sulla quale avviare un confronto unitario tra Bolzano e Trento, prima, e con lo Stato, poi — sarebbe un indicatore molto promettent­e e persuasivo circa le premesse di una prossima stagione statutaria caratteriz­zata da un’autentica vocazione territoria­le della società civile.

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