LA VIOLENZA CONTRO LE DONNE VA FERMATA CON MISURE SEVERE
Una ragazzina di appena 16 anni uccisa dal suo fidanzato, che poi esce dalla questura addirittura ridendo. Quanto ancora dovremo assistere a queste scene? Non è trascorso neppure un mese da quando, a pochi chilometri da Bolzano, una donna di 39 anni, Marianne Obrist, è stata assassinata nella sua casa dall’uomo di cui era innamorata. Ammazzata a colpi di mazza da baseball, pare. Possibile che dobbiamo continuare a leggere simili storie? Ragazze, mogli, madri assassinate dall’uomo che — il più delle volte — avrebbe dovuto amarle, proteggerle, rassicurarle. Possibile non ci sia un modo per fare capire che l’amore non porta botte e umiliazioni? E, soprattutto, è possibile che gli aguzzini addirittura ridano delle loro atrocità? Oramai non passa giorno che non si sentano notizie come quella della povera Noemi. Un po’ di attenzione quando accade il fatto, poi lentamente i riflettori si spengono, lasciando le famiglie nel loro dolore. Quello che è un episodio gravissimo diventa più sfocato man mano che il tempo passa, quando ci si mette anche la giustizia a rendere più leggere le pene, concedendo il rito abbreviato o addirittura, come è successo di recente, i domiciliari a un uomo che aveva vagato per chilometri con il cadavere della fidanzata a fianco dopo averla strangolata. Come trovare una soluzione a tutto ciò? Qui c’è un sistema da resettare e da fare ripartire. Ma senza vedere altre donne uccise. Senza vedere un altro assassino che esce dal carcere dopo una pena irrisoria. Senza vedere altre famiglie lasciate in balia del proprio dolore. Qui c’è da agire subito. Ma come? Come possiamo fare perché le donne, anche qui da noi, non debbano più temere di tornare a casa da sole, di notte?
Gentile signora Martini,
Lei ha ragione. L’incredulità e il dolore sono grandi davanti a fatti tragici come quelli avvenuti a Specchia. Lei chiede cosa si possa fare contro questa situazione di violenza, il più delle volte annunciata. La prima ovvia risposta è di puntare sull’educazione al rispetto e sulla solidarietà attiva di parenti, amici e vicini di casa, quando si è a conoscenza di situazioni di violenza subita dalle donne. Poi servono anche interventi preventivi e repressivi più seri e mirati, quando la violenza è — appunto — annunciata. Come nel caso di Noemi, che era stata picchiata e la cui madre si era pertanto rivolta alla magistratura per denunciare quel «fidanzatino» brutale, con una vita ancor breve ma già tanto problematica alle spalle e segnata dalla droga.
Nonostante la denuncia nulla è successo, nessun divieto di avvicinarsi a Noemi e neppure al paese in cui la ragazza abitava, nessun controllo anche saltuario sui suoi comportamenti. Il tutto mentre il diciassettenne — dunque senza patente — girava tranquillamente in auto. Un fatto che in un piccolo paese non passa di certo inosservato.