Corriere dell'Alto Adige

Museion, Degiorgis tra sbarchi e ostici approdi

Si alza stasera il sipario su «Hämatli & Patriae»: le mille (e opposte) letture delle migrazioni

- di Massimilia­no Boschi

Inaugura questa sera a Museion (alle 19) la mostra Hämatli & Patriae curata da Nicolò Degiorgis. Un’esposizion­e dell’innegabile fascino visivo che presenta un percorso di «dialoghi» tra varie opere allo scopo di ragionare o interrogar­si sul concetto di Heimat e di Patria nel 2017.

L’idea di fondo è, quindi, quella di provare a scoprire, procedendo in forma non univoca, cosa si intenda oggi, non solo con il concetto di patria, ma anche con termini quali oriente e occidente, ideale e reale, viaggio e migrazione etc.

Le risposte non sono giustament­e chiare e definite perché nel mondo, soprattutt­o in quello oggi, nulla lo è. Ma, al di là dei dialoghi, come ha spiegato Degiorgis: «La struttura fisica e concettual­e del percorso espositivo è data dall’opera: L’arca di Noè sul monte Ararat, dipinto del 1570 di Simon de Myle. Un dipinto che ritrae lo sbarco dell’arca e non la sua partenza». Un’arca da cui scendono decine di animali, alcuni volano, altri si sbranano mentre uomini e donne parlano amabilment­e.

La mostra si presenta, quindi, «come una grande mise-enscene del dipinto stesso e una sua traduzione in chiave contempora­nea». Nei fatti, però, il percorso scelto da Degiorgis parte da una notissima e utilizzati­ssima immagine (in formato gigante) che mostra lo sbarco degli albanesi dalla nave Vlora al porto di Bari nell’agosto del 1991. Da questa grande fotografia Degiorgis fa «scendere» le tessere colorate dell’enorme puzzle della scultura modulare Devi urlare in un bosco per sentirne l’eco di Luca Trevisani. Un’opera che «invade e contamina» lo spazio espositivo, un «intervento che si espande verticalme­nte e orizzontal­mente nello spazio come fosse un organismo vivente richiamand­o la propagazio­ne delle muffe, ma anche di un rampicante». (Da scheda dell’opera)

Poco lontano, un video di Filippo Berto (Homo Homini Lupus), mostra la bandiera italiana fatta a brandelli da due lupi mentre il video Flash flag/ Pink Nois di Philipp Menner manda in loop le immagini di 191 bandiere nazionali impedendon­e il loro riconoscim­ento.

Sia chiaro, Degiorgis è persona al di sopra di ogni sospetto da questo punto di vista, ma una delle letture possibili della mostra, forse la più facile, ma anche quella che si basa su maggiori elementi, suggerisce che lo sbarco degli albanesi si configuri come un’invasione (animalesca?) che contamina i nostri spazi, che riduce a brandelli la nostra bandiera e fa scomparire i simboli degli stati nazione.

Il percorso espositivo presentato da Degiorgis si può leggere, ovviamente, in maniera diversa, persino opposta, ma sembra non tenere conto del mondo che ci circonda, che non è fatto solo di artisti, fotografi o intellettu­ali. La mostra resterà aperta fino al 14 gennaio 2018.

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Simbolo Lo scatto dello sbarco degli albanesi a Bari nel 1991

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