Truffa, dissequestrate le quote societarie di Fino
Il gip: restano i sigilli alla villa. Il Riesame: «Sala e Achler, ruoli essenziali nella raccolta di denaro»
TRENTO La villa hollywoodiana a Molveno, da oltre tre milioni di euro, dell’immobiliarista Giandonato Fino, resta sotto sequestro, mentre le quote societarie e i beni mobili, come le moto e le macchine, sono stati dissequestrati.
È quanto ha deciso il gip Francesco Forlenza che ha accolto l’istanza della difesa, sostenuta dagli avvocati Nicola Degaudenz e Mario Scialla, di parziale dissequestro dei beni. I difensori hanno presentato una perizia dimostrando che il valore della villa è superiore al presunto danno della truffa milionaria che ha messo nei guai 77 investitori che avevano creduto nell’affare del «Madoff lusitano». Una tesi, quella degli avvocati di Fino, condivisa dal giudice che ha dato il via libera al dissequestro parziale dei beni.
Restano invece sotto sequestro i conti correnti degli altri due indagati trentini, coinvolti nell’articolata indagine del nucleo di polizia tributaria della guardia di finanza di Trento, sulla truffa delle scommesse sportive. Il Tribunale del Riesame, presieduto dal giudice Carlo Ancona, ha invece confermato il sequestro preventivo, ai fini della confisca, dei conti correnti di Leonardo Sala, promotore finanziario trenti- no, e dell’auto dell’ex direttore di banca Massimiliano Achler, difesi dagli avvocati Luigi De Finis e Lorenzo De Guelmi.
Nelle motivazioni del provvedimento i giudici evidenziano il fatto che, anche se «non risulta che Sala abbia incassato personalmente degli importi.. ha concorso alla realizzazione della truffa.. ha contribuito in modo decisivo dal gennaio 2014 fino al 2016 e quindi per ben due anni, non certo per un tempo limitato». I giudici parlano di un «ruolo essenziale nella partecipazione alla complessa opera di realizzazione dello schermo societario» sia di Sala che di Achler. Ruolo «essenziale» anche nelle «operazioni di “raccolta del risparmio”».
Un altro aspetto saliente, evidenziato dalle difese, era il reato transazionale che di fatto giustifica il sequestro, assente ad avviso degli avvocati. Ma i giudici, anche sulla scorta di sentenze della Cassazione, evidenziate dallo stesso procuratore Marco Gallina, titolare dell’indagine, ritengono vi siano i presupposti giuridici per il sequestro in quanto «se i soggetti operano in paesi diversi — si legge nel provvedimento — si tratta di reato trasnazionale». Come in questo caso.